(Italiano) Dialogo fra le civilizzazioni come modo di vivere

ORIGINAL LANGUAGES, 10 Sep 2013

Johan Galtung – TRANSCEND Media Service

(Traduzione di Miky Lanza per il Centro Studi Sereno Regis)

Civilizzazioni: ci sono sei fonti d’ispirazione oggi, che rivaleggiano per l’attenzione di un’umanità in cerca di obiettivi e mezzi. Due di esse sono secolari occidentali, liberale e marxista, e definiscono per vasta parte gli USA e l’ex-Unione Sovietica, ma non si identificano con essi. Due di loro sono amalgami orientali di civiltà, la scintoista–confuciana–buddhista giapponese, che tenta di essere liberale all’occidentale, e la civiltà taoista-confuciana-buddhista cinese con forti elementi di liberalismo occidentale e di marxismo occidentale. E le altre due stanno lì in mezzo: la civiltà Islamica e la buddhista.[i]

Dialogo: deve semplicemente avvenire. Non possiamo continuare con l’illusione che ci sia una civilizzazione al di sopra di tutte le altre, cioè quella liberal-occidentale, destinata come il suo predecessore, il cristianesimo, a diventare la Chiesa Universale nel senso di Toynbee. La locomotiva occidentale che traina un lungo convoglio di civiltà più o meno sviluppate, tutte sullo stesso binario fino alla stazione finale: un mondo, una umanità, una civiltà.

Non succederà. Guardiamo una qualunque delle molte carte sulla storia mondiale. Cominciano tutte in qualche minuscolo punto, si espandono col tempo per forza incorporata, iniziano a contrarsi, a declinare, e svaniscono nella sabbia. Nessuna di esse è per sempre; magari per millenni, ma non per sempre. Molto probabilmente covavano in seno tale fede come parte della propria forza.

Come modo di vivere: deve diventare altrettanto naturale di quello che abbiamo avuto negli ultimi secoli, un adeguamento più o meno volontario all’inevitabile: l’Occidente in generale e l’Anglo-America in particolare che hanno preso il sopravvento, meglio prepararsi. Inoltre, si lasci perdere l’idea che una delle civilizzazioni conquisterà quel posto da numero 1, sostituendo l’Occidente.

E’ bene abituarsi all’idea di un mondo multi-polare. Ci siamo riusciti in molti luoghi: la democrazia, dopo tutto, riguarda una comunità politica multi-, non mono-partitica. Se quest’ultima l’aborriamo internamente ai rispettivi stati, aborrirla globalmente spianerà la strada al dialogo. Come è avvenuto per la democrazia.

Globalmente possiamo fare di meglio di quanto facciamo a livello infra-statale con la democrazia. Anziché un partito che ottenga la maggioranza dei voti, che fruisca del governo della maggioranza, potremmo tendere a una coalizione governativa permanente a la Svizzera. Tutte le civiltà hanno qualcosa d’importante con cui contribuire; perché lasciare il posto di comando a uno solo? Accumulando scontento, invitando il prossimo della fila a smantellare quel che ha fatto il predecessore, e così via?

L’elenco delle sei civiltà predispone a 15 dialoghi bilaterali. E attualmentene partecipiamo a svariati di essi.

Il più noto in Occidente è infra-occidentale, il liberalismo contro il marxismo; economicamente in quanto capitalismo contro socialismo, politicamente in quanto governo multi-partitico contro mono-partitico – posizione non saggia in nome del marxismo.

Quello non fu un buon dialogo. Un sistema collassò, l’altro si dichiarò vittorioso. Sembravano entrambi aver dimenticato che era avvenuto qualcosa di più importante che la disintegrazione dell’URSS del 1989: un compromesso di tipo nordico, o trascendimento, fra un’economia liberale a favore della crescita e un’economia marxista a favore della distribuzione, guidata da imprenditori e dal profitto, e da esseri umani per i propri bisogni. Una social-democrazia, un social-capitalismo. E il suo trascendimento in stati del benessere ben oltre ciascuno dei due modelli.

Un vero dialogo comporta curiosità, rispetto, reciproco apprendimento, e una ricerca di qualcosa di nuovo. Il dialogo fra il secolarismo occidentale e l’Islam – il cristianesimo ha trascurato fin quasi all’oblio i vivaci dialoghi con l’Islam del XV secolo (Juan de Segovia) – è immaturo; senza voci importanti a favore del compromesso e del trascendimento, eppure essi emergono là dove l’Islam e l’Occidente sono presenti entrambi.

Ma osserviamo le componenti negli amalgami giapponese e cinese, tre civiltà in ciascuno! Ciò non è avvenuto senza secoli, millenni di dialogo, ove ogni componente ha trovato una nicchia nell’ambito delle altre, in un’accoglienza reciproca; adattandosi quindi alle circostanze esterne. La Cina è benedetta dal taoismo, così aperto al passaggio da un centro d’attenzione a un altro, dal confucianesimo al buddhismo, dalla crescita alla distribuzione.

Giappone e Cina potrebbero formare facilmente una comunità in base a quanto hanno in comune, il confucianesimo-buddhismo-secolarismo occidentale, e questo è destinato ad accadere prima o poi.

Ma perché mai l’Occidente non dovrebbe fare lo stesso, scendendo dalla sua posizione d’arroganza, nonostante l’Untergang des Abendlandes [Il tramonto dell’Occidente] di un Oswald Spengler presciente? Prendendo dall’ebraismo l’idea del dialogo – non tutte queste dichiarazioni sulle verità finali –, la compassione dal cristianesimo – con elementi di ottimismo dal ramo ortodosso, di riconciliazione dal cattolicesimo, d’individualismo dal protestantesimo –e aggiungendo poi a tali fedi le migliori verità che possono offrire i due secolarismi? Invece dell’odio, la violenza, la presunzione ipocrita di una sola Verità?

E poi abbiamo bisogno di enormi dialoghi globali fra Occidente e Oriente – quando l’Occidente abbia rassettato il proprio agire. In tutto ciò, percepisco una vocina modesta, quella buddhista, di 250 milioni di aderenti o giù di lì, recentemente con una brutta reputazione a causa dei monaci buddisti alleati agli stati del Sri Lanka e di Myanmar. Ma la vocina c’è pur sempre: per favore, non sistemi di saggezza troppo grandi, imponenti, ma rispetto per l’omino, la donnina, il bimbo e l’anziano in piccole comunità impegnati nei loro doveri quotidiani, cercando di elevarsi spiritualmente.

Stiamo entrando in un affascinante periodo multi-polare della storia mondiale. Sei civilizzazioni vogliono dire sei modelli di sviluppo; sparsi su otto poli in un mondo ottagonale: USA e UE, entrambi liberali occidentalio; Russia in ricerca (ipotesi ragionevole: per una versione migliorata del marxismo occidentale); India, enorme, ma impacciata col suo hinduismo; Cina in quanto Cina (col Giappone in dolorosa ricerca di stabilità fra USA e Cina); mondo musulmano, l’ Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC), in ricerca di una ummah [comunità di credenti] nella regione dell’OIC, con il conflitto sunniti-sciiti risolto; Africa in cerca di un eclettismo basato su principi secolari occidentali, sull’Islam e su qualcosa della propria cultura; America Latina immersa sin d’ora in un creativo dialogo infra-occidentale.

Lasciamo che sia, che avvenga. Il nostro futuro dipende da questi dialoghi.

NOTA:

[i]. La civilizzazione hindu, pur enorme in quanto a numeri, non conta, apparentemente attraente per nessuno, neppure per l’India che attualmente si trova in una fase (neo-)liberista occidentale.

Titolo originale: Civilization Dialogue as a Way of Life – TRANSCEND Media Service-TMS

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