(Italiano) Le lotte irrinunciabili di ieri e di oggi. Lidia Menapace ad Aosta

ORIGINAL LANGUAGES, 5 Dec 2016

Sivia Berruto – TRANSCEND Media Service

MenaPACE Lidia, alias Lidia Brisca, è una donna dinamica intellettualmente onesta e decisa.
Un’intellettuale necessaria.

92 anni compiuti il 3 aprile scorso, Lidia ha percorso l’Italia per condividere la riflessione, e poi l’azione, sul REFERENDUM POPOLARE CONFERMATIVO che ha ad oggetto il seguente quesito referendario: Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016.
Il testo di legge costituzionale – LA RIFORMA COSTITUZIONALE – pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n°88 del 15 aprile 2016, è consultabile al seguente indirizzo.

Il portato intellettuale, comprensivo di teoria e prassi politica, è descritto, con lucida autocritica, in quello che lei stessa definisce il romanzo della sua vita “Canta il merlo sul frumento”.
In copertina la sintesi di una vita spesa nella e per la comprensione degli accadimenti.Per un’azione non violenta, (termine che Lidia scrive in due parole), creativa e propositiva.
“Aver percorso senza rigore, ma addirittura a capriccio il tratto della mia vita fino a qui a me ha fatto pensare quanto sia stata fortunata a nascere quando e dove nacqui, sì da poter partecipare nel corso di una sola vita alla Resistenza, al Sessantotto, alla crisi del capitalismo.”

Lidia è (stata) Partigiana, appartenente al Comitato Nazionale Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), femminista, pacifista, senatrice, docente universitaria, scrittrice.

Donna engagée dal percorso articolato e complesso, Lidia ha fatto parte dei movimenti cattolici progressisti, è stata dirigente della Democrazia Cristiana (prima assessora della Provincia di Bolzano, e
ha vissuto, come si legge in quarta di copertina del romanzo della sua vita, la diaspora della sinistra DC.
Docente universitaria alla Cattolica di Milano, da cui è stata allontanata per aver scritto, nel 1969, Per una scelta marxista, Lidia dice: “Non misi più piede in università. E presi il gusto di andare a vendere “il manifesto”, che, all’epoca, era una rivista e non ancora un quotidiano, proprio accanto all’università.”
L’avventura al Manifesto, come la definisce lei, si concret(izz)a nel 1972 con l’uscita del giornale.
E’ Il Manifesto di Luigi Pintor, Luciana Castellina, Valentino Parlato, Aldo Natoli, Rossana Rossanda.
“Un periodo davvero felice” – ricorda Lidia – in cui “la redazione del Manifesto fu definita dal Washington Post il luogo più fosforescente del mondo” e dove “davvero si potevano incontrare le intelligenze più sfavillanti”.
Teorica del femminismo italiano degli anni Settanta, estimatrice di Rosa Luxembourg che definisce una donna non oblativa, e attivista femminista, Lidia contribuì, con un articolo di cronaca, del 1971 su una marcia delle femministe americane in lotta per la propria emancipazione, contenente considerazioni sulle differenze fra femminismo italiano e americano, ad aprire un dibattito e una polemica che si protrarranno “per diverso tempo”. La questione femminista diventerà uno dei temi portanti del Manifesto.
“Per diversità di vedute e per dissensi”, così spiega Lidia, “finisce la collaborazione col Manifesto”.
Consigliera comunale nelle liste del Pdup nel 1981, presidente della commissione cultura quando era Renato Nicolini assessore alla cultura, Lidia rifiutò la proposta, arrivatale indirettamente da Enrico Berlinguer, di entrare nella segreteria del Pci. “Forse è una delle grandi occasioni perse della mia vita.”
Nel 1985 è eletta consigliera con Democrazia proletaria nel Lazio. Nel merito di questa esperienza dichiara: “Il livello delle discussioni e le capacità di progettazione erano decisamente bassi” porteranno disillusione e l’allontanamento di Lidia dalla politica istituzionale per più di un decennio.
Candidata nelle liste di rifondazione comunista, è senatrice dall’aprile 2006 all’aprile 2008. Di questo periodo ricorda: “i miei due anni di senatrice si svolsero in un clima culturale e politico piuttosto regressivo, soprattutto sui temi che più mi interessavano e mi interessano”.

Lidia è una donna lungimirante che ha una visione precisa del mondo e delle cose.
Studiosa profonda e appassionata, esprime con energia le sue proposte politiche e sociali che sono convincenti, sostenibili, ancorate a salde teorie e prassi politiche ma sono soprattutto praticabili.

In merito al NO per cui sta lottando, l’analisi e la sintesi della sue speculazioni sono lucide, provocatorie come le sue affermazioni e le sue conclusioni.

Lidia chiama questa operazione di riforma, revisione.
Revisione costituzionale.
Revisione e revisionismo sono termini storicamente screditati. Infatti tra i revisionisti vi sono quegli storici “che cercavano di dimostrare che Hitler era una brava persona” e altre tesi, antiscientifiche in quanto preconcette.
La ricerca storica, pur nell’approssimazione che è insita nel suo essere e ricercare, può raggiungere solo la certezza morale. “Il livello che si può raggiungere in queste ricerche è la certezza morale. Per raggiungere la certezza morale bisogna avere un atteggiamento critico e onesto nello stesso tempo. Quindi non è semplice. Quello che ci viene proposto è invece un pasticcio.
Chi propone la revisione, secondo Lidia, non ha letto il primo articolo della Costituzione.
“E’ troppo poco veramente proporre la revisione della Costituzione senza neanche aver letto il secondo comma dell’articolo 1.
Il secondo comma dell’articolo 1 recita “la sovranità appartiene al popolo che la esercita … nelle forme e nei limiti della Costituzione.”
Il popolo, prima delle sue determinazioni politiche, esercita la sovranità.
Ho fatto parte della Resistenza: sono partigiana combattente col grado di sottotenente – ridete pure!
C’erano i monarchici con noi!
Ho lottato nella Repubblica dell’Ossola e per la repubblica. Nella Resistenza ci sono (stati) i verdi quelli di “Giustizia e libertà, i rossi, Garibaldini e Matteotti, gli azzurri che erano monarchici, badogliani, lealisti e cattolici.
Come mai stavamo insieme? Perché era un’operazione unitaria.
Andavamo d’accordo?
Non era unanime, era unitaria.
Discutevamo come matti!
E poi si decideva a voto.
Se non avessimo avuto questo tipo di visione (ndr) MAI la Resistenza avrebbe vinto.
Assolutamente MAI.”

Appassionata e circostanziata è la descrizione della Resistenza.
All’improvviso interrompe la narrazione e chiede “Mi fate delle domande?”.
Non allenta la tensione del pubblico, e, partendo dalla constatazione di un analfabetismo di ritorno allargato, incalza: “Siamo diventati molto più ignoranti di tanti anni fa” non risparmiando una critica spietata alla collettività. L’impoverimento del linguaggio e della coscienza politica, il prevalere di interessi privati, piuttosto che collettivi, sono alcuni degli aspetti negativi che connotano la società attuale.
Al termine della seconda guerra mondiale, “noi, allora, forse anche un po’ ingenuamente, pensavamo che avremmo fatto un altro mondo, avremmo cambiato il mondo. Sembrava possibile tutto.
L’ardimento dei nostri pensieri non aveva limite.”
Oggi prevale l’atteggiamento del “non c’è niente da fare” che porta molti addirittura a non andare più neanche a votare.
Il calo di tensione è pericoloso” afferma Lidia che ha, e ha sempre avuto un atteggiamento positivo, dichiara: “Io ho paura.”
Ma subito si riprende.
“Dopo la vittoria del NO alla revisione bisogna cominciare a capire su che cosa puntare.”
Le buone pratiche sono forma e contenuto insieme delle proposte di Lidia .
“So già che cosa proporrò dopo la vincita del NO”.
Lidia proporrà di promuovere una politica antisismica di riduzione del danno, contro la politica dell’emergenza, “che è responsabile e colpevole” nei confronti delle calamità naturali. E Lidia cita il terremoto.
Occasione per costruire piani di intervento, per la creazione di posti di lavoro, un lavoro “utile e significativo”, in considerazione delle caratteristiche del territorio italiano.
Una politica che potrebbe appassionare le persone e soprattutto aggregarle anche per salvare il patrimonio artistico italiano.
“Bisogna pensare in grande una politica della riduzione del danno : personale, animale, ambientale che per l’Italia varrebbe trent’anni di lavoro.”
E ancora.
“Io sarei proprio per fare una grande politica di alfabetizzazione” contro l’analfabetismo di ritorno “che vorrebbe dire portare tutte e tutti al livello massimo possibile di uso della conoscenza, accumulo della conoscenza, ordinamento della conoscenza.
Insomma di cose da fare ce ne sarebbero … tantissime. Mi sembra strano che non ci si appassioni a questo.”

Forse la spiegazione l’ha data la stessa Lidia che, poco prima, aveva affermato: “siamo diventati un po’ idiotes a furia di occuparci dei fatti nostri.
Abbiamo perso il gusto e forse anche la capacità di guardare lontano.”

Lidia Menapace ad Aosta

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