(Italian) Sentenza Diaz: Condannati i vertici della Polizia di Stato. Intervista a Lorenzo Guadagnucci

ORIGINAL LANGUAGES, 31 May 2010

Silvia Berruto – TRANSCEND Media Service

Il 21 luglio 2001 anche dalla Valle  d’Aosta sono partiti degli attivisti per partecipare alla manifestazione pacifica del movimento contro il vertice del G8.
Alle 6,30 di quel sabato mattina ho fotografato la loro partenza, poiché, a causa di una malattia invalidante, non mi era possibile andare a Genova.
Così ricordo di aver trascorso l’intera giornata mediaticamente: in collegamento sulla rete e televisivo.
Ho assistito, in diretta, all’uccisione di Carlo Giuliani.
Poi, come mai era stato prima, abbiamo manifestato. Con sit in davanti a Palazzo Regionale di Aosta, con scritti, proiezioni, volantinaggi. Abbiamo ricordato.
Continuiamo a ricordare.
Come nel 2001, ma con più forza ora, dopo la sentenza di secondo grado del 18 maggio scorso, che ha ribaltato  la sentenza di primo grado, condannando i vertici della polizia, la cosiddetta catena di comando, è indispensabile che si chieda con determinazione dal basso la sospensione degli inquisiti per reati connessi all’esercizio delle loro funzioni e l’istituzione di un organismo indipendente di vigilanza e di controllo sulle forze dell’ordine.
“A tutela della dignità e credibilità della Polizia di Stato” come sostiene il Comitato Verità e Giustizia per Genova nell’ intervento del 19 maggio.
E a tutela dei cittadini.
Sulla sentenza ho sentito Lorenzo Guadagnucci, che era fra i pestati della scuola Diaz e che ha scritto il documento storico “Noi della Diaz”.

SB. Fra prescrizioni, immunità e impunità ti chiedo un commento sulla sentenza, storica, della Terza sezione della Corte di appello di Genova del 18 maggio 2010.

LG. Il pm Enrico Zucca ha commentato così: “E’ difficile capire quanta forza e quanto coraggio abbiano avuto i giudici del tribunale d’appello”. E’ così, perché viviamo in un paese abituato all’intangibilità degli apparati di pubblica sicurezza e abbiamo una storia giudiziaria molto negativa quando si è trattato di affrontare stragi di stato, abusi di potere e così via. In questo caso il tribunale ha avuto la forza e il coraggio mancati in altre occasioni e ha dato forma giudiziaria a una verità storica che conoscevamo.

SB. Mi pare si possa parlare, allora come ora, di un contesto di democrazia condizionata. Da tempo tu sostieni di non usare più la parola democrazia senza aggettivarla. Sul Manifesto di martedì 25 maggio, hai scritto che l’aggettivo più calzante, al momento, per la democrazia del nostro paese, è “autoritaria”. Perché?

LG. Un esempio ci viene dalle reazioni alla sentenza Diaz. Abbiamo fatti storici incontestati – un’operazione di polizia indifendibile, con pestaggi indiscriminati, arresti illegali, costruzione di prove false, tentativi di depistaggio, ostacolo all’azione della magistratura – e in aggiunta una durissima sentenza di condanna in appello e che succede? Che il governo conferma la fiducia ai dirigenti condannati, nemmeno si cura di chiedere scusa alle vittime degli abusi e l’opposizione parlamentare annuisce. Le forze di polizia non si possono toccare né mettere in discussione, i diritti dei cittadini vengono dopo le carriere di dirigenti che godono di una fiducia incondizionata da parte del potere, come nelle monarchie assolute.  Viviamo in un paese che da alcuni anni sostiene di vivere una “emergenza sicurezza” e perciò ha militarizzato la vita quotidiana a forza di ordinanze comunali, telecamere e così via, eppure i dati statistici mostrano che la criminalità è in flessione e non vi è alcuna emergenza. Si sostiene anche che vi sia una “emergenza rom”, con un linguaggio e metodi – schedature, sgomberi forzati e così via – che ci riportano ai regimi europei degli anni Trenta. C’è poi una “legislazione speciale” per i migranti, e quindi un doppio binario di cittadinanza: i diritti sono razionati, si sostiene che non ve ne sono abbastanza per tutti, come si fossimo nel pieno di una carestia. Se poi aggiungiamo che in politica prevale un cesarismo mediatico trasversale, che la borghesia mafiosa controlla una fetta molto ampia dell’economia nazionale, che i contrappesi democratici sono sempre più fragili per gli attacchi alla magistratura e la debole autonomia del sistema della comunicazioe, ecco che abbiamo una democrazia sostanzialmente autoritaria.

SB. Come valuti la scelta di rinunciare a misure di sospensione e di sanzione disciplinare per i responsabili, allora (2001) come ora (2010), sigla un punto di non ritorno per la democrazia reale dell’Italia? Quella scelta, “perfezionata” e avvalorata da promozioni “eccellenti”, attesta un nulla di fatto nei confronti delle richieste democratiche, dal basso, di istituire una commissione d’inchiesta, di prevedere codici di riconoscibilità sulle divise degli agenti in servizio di ordine pubblico, di introdurre il reato di tortura e di istituire una formazione nonviolenta degli agenti.

LG. Le mancate dimissioni, all’epoca del G8, del capo della polizia e degli alti dirigenti presenti nel cortile della scuola Diaz hanno mostrato qual è la sensibilità istituzionale di quelle persone, che in questi anni hanno ottenuto promozioni, nonostante una condotta processuale più che discutibile (i massimi dirigenti imputati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere come imputati qualsiasi, ma stiamo parlando di uomini dello stato con altissime e delicate responsabilità!) Non si sono dimessi, né sono stati sospesi, nemmeno dopo le pesanti condanne d’appello a conferma che la loro idea di fedeltà alle istituzioni è molto lontana dai canoni delle migliori democrazie. Il potere politico ha confermato loro piena fiducia, ma in questo modo si è creato un patto che obbligherà a giudici di cassazione a valutare la sentenza d’appello con una pistola puntata alla tempia: le istituzioni, confermando i dirigenti al loro posto e nemmeno ipotizzando la necessità di sostituirli, chiedono loro di rigettare le condanne. Il sottosegretario Mantovano lo ha detto a chiare lettere, l’opposizione parlamentare ha annuito, il sistema dei media registrato e taciuto. Gli equilibri fra poteri sono stati messi in discussione.

SB. Tu hai sempre sostenuto la necessità di un organismo indipendente di vigilanza e di controllo sulle forze dell’ordine. Ma se questo organismo fosse istituito come pensi potrebbe lavorare, in un contesto di democrazia autoritaria ?

LG. Certo, un’autorità del genere avrebbe vita difficile, si cercherebbe di svuotarla o delegittimarla, ma come il tribunale di Genova ha trovato “forza e coraggio” e ha condannato – sia pure con sofferenza, non certo a cuor leggero – altissimi e protettissimi dirigenti di polizia, così è possibile pensare che vi siano nella società civile, negli apparati di sicurezza, nello stato persone disposte a battersi per i diritti delle persone e per contrastare l’autoritarismo dominante. Oggi queste persone sono emarginate e mortificate; andrebbero invece incoraggiate. Un Garante del genere potrebbe aiutare a invertire la tendenza in corso.

SB. Come reputi sia stata trattata e diffusa l’informazione sulla sentenza dai mezzi di informazione italiani?

LG. Mi preoccupa la totale assenza di commenti a una sentenza così grave. Non era mai successo che dirigenti di tale livello venissero condannati a pene così gravi, che ne comporterebbero la destituzione in caso di conferma delle condanne in Cassazione, ma le maggiori testate sono state al coperto, hanno riportato la notizia della copertura garantita dal governo e delle pressioni sulla Cassazione senza fiatare. Solo il Secolo XIX ha avuto la dignità di sostenere che sarebbe opportuno un passo indietro da parte dei condannati. Purtroppo i mezzi d’informazione italiani sono succubi di certi poteri.

SB.  Dopo questa sentenza pensi ad un nuovo contributo da affiancare alla trilogia “Distratti dalla libertà”, “Noi della Diaz” e “Lavavetri” ?

LG. A dire il vero ci sarebbe anche “La seduzione autoritaria”, uscito nel 2004. Forse varrebbe la pena di scrivere qualcosa per i dieci anni di Genova G8. Ci penserò.

Di seguito alcune segnalazioni utili per non dimenticare.

Lorenzo Guadagnucci è giornalista del QUOTIDIANO NAZIONALE, saggista e fondatore, tra l’altro, del Comitato Verità e Giustizia per Genova.
Il suo blog è Distratti dalla libertà in Altraeconomia http://www.altreconomia.it/site

– Comitato Verità e Giustizia per Genova

http://www.veritagiustizia.it
– Il dispositivo della sentenza del 18/05/2010, II grado: dispositivo della sentenza

– UNA SENTENZA PREZIOSA, ORA LE DIMISSIONI (19.05.2010)

http://www.veritagiustizia.it/comunicati_stampa/una_sentenza_preziosa_ora_le_dimissioni.php

– Contributi sulla sentenza di II grado su Rainews24.it

http://www.rainews24.rai.it/it/video.php?id=19364

Per non dimenticare

– Genova: 20 e il 21 luglio 2001 manifestazione pacifica del movimento contro il G8
– Carlo Giuliani è ucciso il 20 luglio 2001 alle ore 17,27 da un carabiniere
– nel blitz alla scuola Diaz 93 persone vengono pestate ed arrestate
– sospensione dello stato di diritto dal 20 al 23 luglio 2001

Processo Diaz

In primo grado (dicembre 2007) sono state 13 le condanne e 16 le assoluzioni
La sentenza d’appello (18 maggio 2010) 25 imputati su 27 vengono condannati con l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni
Presidente della Corte d’Appello di Genova, terza sezione, Salvatore Sinagra
I pm sono stati Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini

La sentenza ha condannato i vertici della Polizia di Stato: sono stati condannati a quattro anni di reclusione Francesco Gratteri e Giovanni Luperi. Condannato a tre anni e 8 mesi Gilberto Caldarozzi
(Gratteri è capo dell’antiterrorismo. Luperi dell’Aisi (il servizio segreto civile) Caldarozzi dello Sco ( Servizio centrale operativo).

Sinora nessuno ha mai chiesto scusa.
Né la Polizia di Stato.
Né lo Stato.

GO TO ORIGINAL – LIBEROSTILE

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