(Italiano) Cooperazione fra università per l’equità e l’empatia

ORIGINAL LANGUAGES, 12 May 2014

Johan Galtung – TRANSCEND Media Service

Cina – Università delle Tre Gole [sbocco del Fiume Yangtze in pianura, ndt], Yichang, 23.04.14

Un grande onore inaugurare l’11^ conferenza sulla cooperazione universitaria del N.E.W.S –Nord-Est-West-Sud — fondata nel 1993 alla Freie [Libera] Universität di Berlino da S.P. Park.

La classica cooperazione universitaria transfrontaliera comporta professori che insegnano in un paese a studenti d’altri paesi. Così, quando Copenhagen governava Danimarca e Norvegia fra il 1397 e il 1814 i norvegesi studiavano all’università di Copenhagen, fondata nel 1479. L’università ad Oslo arrivò nel 1811, ma l’asimmetria continuò; in parte necessaria e utile, ma non ideale. Ciò che mancava era l’equità, “io imparo da te, tu da me”; e mancava l’empatia, “tu impari su di me, io su di te”. Il paese che insegna è superiore in potere, plasmando le menti nel paese che impara. Ma questo impara [anche] caratteristiche più profonde del paese che insegna, non viceversa.

Una relazione coloniale. Il paese-guida colonialista, l’Inghilterra – anche in Scozia-Galles-Irlanda – importa studenti grezzi da lavorare ad enormi emolumenti, ed esporta l’inglese come merce brevettata senza alcun diritto di lavorazione. Le grandi industrie l’uno e l’altro; ma senza imparare alcunché del mondo. Ovviamente l’antica conoscenza deve fluire da chi ne ha di più a chi ne ha di meno, anche se i professori sovente esagerano la propria importanza: gli studenti possono imparare di più insieme e da autodidatti – forse un 10%-40%-50%. Ma i professori monopolizzano gli esami e i diplomi, quindi è meglio assorbire bene.

E la nuova conoscenza dev’essere prodotta cercando e ri-cercando. Il che può però facilmente condurre a un divario fra paesi produttori e consumatori, coincidente con quello fra paesi d’insegnamento e paesi d’apprendimento. I paesi produttori monopolizzano i criteri per una conoscenza valida: i propri.

La cooperazione universitaria internazionale rischia di far valere un mondo doppiamente asimmetrico con menti plasmate e la conoscenza distribuita in un certo modo, e le intuizioni profonde in un altro. Domanda basilare: come possiamo organizzare la cooperazione universitaria in modo più equo con empatia in entrambe le direzioni?

Un altro centro inter-universitario (IUC) fu fondato nel 1973 a Dubrovnik, nell’allora Jugoslavia, ora Croazia, dall’Università di Zagabria. La Jugoslavia, non-allineata durante la guerra fredda, era fra Est e Ovest (propensa a Ovest), e fra Nord e Sud, fra un ambiente sviluppato a Nord – Slovenia-Croazia – in sviluppo a Sud – Montenegro-Macedonia (propensi verso Nord). A quel tempo un terreno d’incontro ideale.

Quest’ autore ne fu il primo direttore generale dal 1973 al 1977, con libertà di sviluppare il centro IUC, e di pensarne e ripensarne struttura e funzione. Aderirono università di tutto il mondo – in pratica perlopiù dal Nordovest – e vennero incoraggiate a partecipare attivamente.

L’unità base era il corso, tipicamente quattro settimane. Il campo poteva essere tradizionale o nuovo – a quel tempo studi su donne-pace-sviluppo-ambiente. I professori, definiti “risorse persone” e gli studenti “partecipanti” venivano presi dalle università associate che provvedevano agli stipendi per i primi e sovente borse di studio ai secondi. Comunque, l’IUC divenne rapidamente così quotato che sia gli uni che gli altri si pagavano il corso, combinandolo con le vacanze. L’IUC beneficiò dell’ampia ricettività alberghiera a buon mercato in un’importante località turistica fuori stagione.

C’erano “classi”, due ore prima e due ore dopo pranzo, con aule disponibili per gruppi di dialogo successivi; sei ore [in tutto]. Le risorse persone e le università associate donavano libri alla biblioteca per lo studio individuale. [A fine giornata] sparivano tutti in innumerevoli bar e localini – e i dialoghi continuavano. Prospettive molto diverse trasversali allo spartiacque risorsa persona-partecipante s’incontrarono per il dialogo e l’apprendimento reciproco. Essi furono tutti sbalzati fuori dalla routine quotidiana e costretti a porre in questione mentalità incontestate nel proprio ambiente. Innumerevoli testimonianze recavano lo stesso messaggio: l’esperienza accademica più esaltante in vita loro. E non solo accademica: anche matrimoni.

La terza settimana fu problematica: partecipanti ad alto livello, ma non le nuove risorse. I dialoghi della domenica sera si dimostrarono utili.

Questo formato multilaterale equo è molto raccomandabile e si trova in diversi luoghi in molte varianti. Ma anziché sui crinali non più attuali Est-Ovest e Nord-Sud il punto focale potrebbe giocarsi sugli spartiacque fra civiltà. Uno di questi si trova fra l’Ovest-Nordovest, giudaico-cristiano-secolare per essere più precisi, e il Resto del mondo, un insieme di caratteri islamico, hindu, buddhista, cinese, giapponese, indigeno. Argomento per un tale corso potrebbe essere qualunque cosa, ma si dovrebbero incoraggiare le risorse persona a cercare di rendere esplicito il proprio angolo visuale, il proprio discorso.

Per di più, ciò fa emergere un problema importante. L’Occidente può dire: non abbiamo alcun angolo visuale, alcun discorso specificamente occidentale, siamo semplicemente scientifici, obiettivi, e abbiamo pure un messaggio universale: fate altrettanto. E gli possono far eco accademici che hanno assorbito il messaggio occidentale ovunque nel mondo; direttamente da una fonte autorevole, presso le università occidentali, o indirettamente da chissà quanti libri di testo.

Per abbandonare l’illusione della scienza obiettiva universale, potrebbero servire corsi dialogici multilaterali sulle relazioni internazionali, focalizzati su patriarcato vs parità, sicurezza vs pace, crescita vs sviluppo, umani vs natura. La ricerca congiunta di un terreno comune è affascinante.

E questo ci porta a un campo più profondo di cooperazione universitaria: l’esplorazione congiunta dell’epistemologia, i criteri per una valida conoscenza. L’Occidente non è disposto/capace a vedere le limitazioni del punto focale cartesiano-aristotelico sull’atomismo e sul deduttivismo, attribuendo la parola definitiva sulla verità all’empirismo. E la Cina non è disposta/capace a riconoscere il proprio indebitamento al centro focale taoista sull’olismo e sulla dialettica yin/yang puntando a superare il passato, cercando di sembrare occidentale.

Immaginate un seminario cooperativo di quattro settimane con molte università su come pensare (ri-cercare), parlare (anche insegnare) e agire (prassi) nei campi delle relazioni internazionali e dell’epistemologia; una gran NOVITA’!

Ispirati dalla bellezza e dala forza del fiume Yangtze e delle Tre Gole – per un incontro morbido, pacifico, che comprenda sia l’uno-sia l’altro.

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Traduzione di Miky Lanza per il Centro Sereno Regis

Titolo originale: University Cooperation for Equity and Empathy – TRANSCEND Media Service

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