(Italiano) Guerra in Ucraina: una prospettiva geopolitica

ORIGINAL LANGUAGES, 21 Mar 2022

Richard Falk | Centro Studi Sereno Regis – TRANSCEND Media Service

Ripresa modificata di una conferenza tenuta il 9 marzo 2022 a una sessione dei Colloqui su Studi Globali all’Università di California – Santa Barbara convocata dal professor Jan Nederveen Pieters, purtroppo priva di una serie di domande impegnative a seguito del mio intervento, fra cui da vari partecipanti in Europa.

kevin schmid | unsplash

18 Marzo 2022 – Quando ci accordammo su un tema per la mia presentazione, eravamo in un mondo pre guerra in Ucraina. Fra gli sviluppi provvisori in Ucraina: le imprudenti provocazioni a guida USA, l’aggressione russa a uno stato sovrano e la conseguente grave crisi umanitaria in un paese di oltre 44 milioni di persone, la reazione di sfida mordace occidentale mediante sanzioni e una rampante russofobia, con un calcolo vinci/perdi anziché un approccio atto a parziali esiti politici vinci/vinci, che io riterrei riparatori del rispetto per li diritti sovrani ucraini (cessate-il-fuoco, ritiro russo disciplinato, assistenza alla ricostruzione; aiuto umanitario d’emergenza) congiunti a un impegno ucraino a mai associarsi alla NATO o permettere a truppe o armamento occidentali di venire schierati sul proprio suolo, nonché un impegno a permettere un auto-governo nell’Ucraina orientale e alla protezione dei diritti umani nella regione del Donbas secondo rinvigoriti Accordi di Minsk del 2014-15.

Il rifiuto occidentale di praticare una diplomazia equanime (win/win) suggerisce l’assenza d’immaginazione politica e morale in un tempo della storia mondiale in cui bisogna dedicare le risorse ed energie mondiali alla soluzione dei problemi incombenti come non mai prima, e non essere distolte da drammi geopolitici del genere che si sta tragicamente svolgendo in Ucraina dal 24 febbraio.

S’invoca sovente la geopolitica in termini vaghi e astratti, attribuendole sensi diversi che bisogna spiegare. Il suo significato più utile è riferito al comportamento degli stati dominanti, quelli che si era soliti chiamare Grandi Potenze. C’è confusione terminologica nelle relazioni internazionali, riferendosi generalmente a un ordine mondiale stato-centrico basato sull’uguaglianza giuridica come esemplificato dal diritto internazionale, recentemente mistificato nel discorso politico del segretario di Stato USA Antony Blinken, che insiste che la politica estera USA aderisce alle restrizioni di un ordine internazionale governato da norme, mentre non quella dei propri rivali, Cina e Russia, il che per lui fa tutta la differenza. Effettivamente, la realtà della geopolitica è più che altro manifesta in guerra/pace o in contesti di sicurezza internazionale dove tutte le Grandi Potenze nella secolare storia mondiale privilegiano le proprie priorità strategiche rispetto al rispetto di regole o norme di generale applicazione.

Alla fine della Seconda guerra mondiale c’erano sostanzialmente due attori geopolitici—USA & URSS. Inoltre, per il vigore della personalità di Winston Churchill e la vitalità dell’alleanza transatlantica, il Regno Unito fu trattato come terzo attore geopolitico. Più tardi si aggiunse la Francia come atto di cortesia suggerito da Churchill per evitare che la Gran Bretagna fosse la potenza coloniale predominante. La Cina come stato più popoloso e unico rappresentante del Sud Globale fu lo stato finale ammesso al circolo esclusivo degli attori geopolitici, che non solo divennero i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU, ma anche i primi cinque paesi a sviluppare e possedere armi nucleari.

Franklin Roosevelt esercitò l’influenza americana, sostenuto da Stalin, per far sì che l’ONU fosse istituita in modo tale da evitare le magagne istituzionali della Lega delle Nazioni, fondata dopo la 1^ Guerra Mondiale per mantenere la pace; carenze che Roosevelt attribuiva alla sua strutturazione dell’autorità stato-centrica secondo l’assetto westfalico [pace di fondamentale riordino europeo del 1648 – ndt]. Invece dell’uguaglianza giuridica quale criterio organizzativo dominante, Roosevelt preferì un’istituzione ibrida: primazia geopolitica per il Consiglio di Sicurezza, dotato di esclusiva autorità di prendere ed attuare decisioni vincolanti, se necessario con la forza; ci si basava invece sull’assetto statuale westfalico per legittimare le asserzioni di autorità nell’Assemblea Generale e nel resto del Sistema organizzativo ONU, peraltro limitato nei propri sforzi d’influenzare i comportamenti [dei membri] a un’autorità di consulto e raccomandazione, risultata inefficace nelle problematiche più pressanti dell’agenda politica globale.

Ulteriore sostegno all’ibridità del Sistema venne dall’Unione Sovietica che cercava non solo lo status di Membro Permanente nel consiglio di Sicurezza bensì assicurazioni strutturali di non divenire vittima di una tirannia della maggioranza composta da paesi (filo-)occidentali anticomunisti. Tali preoccupazioni furono esposte come parte della giustificazione per la concessione di un diritto di veto ai Cinque permanenti. L’idea centrale era d’inquadrare le priorità di pace e sicurezza della neonata ONU in modo da [indurre] un più chiaro spazio politico per la pratica geo-politica entro le quattro mura dell’Organizzazione. Non sorprende che una tale sistemazione della geopolitica producesse un’impasse all’ONU, prossima alla paralisi politica durante la Guerra Fredda. S’intendeva anche perversamente che i 5-P fossero costituzionalmente messi in grado di tralasciare la conformità al diritto internazionale ogni volta che i loro interessi strategici così decretavano, semplicemente con un veto che bloccava una decisione del Consiglio di Sicurezza.

Bisogna tener presente che si adottò un approccio ben diverso nella sfera economica delle istituzioni di Bretton Woods – la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, dove si ottenne la primazia occidentale per le economie di mercato proporzionando il peso del voto e delle tradizioni di leadership in base ai contributi di capitale. Tale consenso capitalistico condusse effettivamente a un ordine liberista internazionale normato che contrastava con la zona contesa di lotta ideologica della geopolitica post-1945. [Ikenberry; l’Organizzazione Mondiale del Commercio sopraggiunse più tardi]

La visione di Roosevelt dell’ONU fu in qualche misura riaffermata conseguendo e mantenendo l’universalità dello status di membro per tutta quanta la Guerra Fredda. Fornire una zona comoda per la geopolitica superò davvero una delle principali debolezze procedurali della Lega centrata sugli stati, che aveva patito non-partecipazione (USA), ritiro (URSS), ed espulsione (Germania), gli attori internazionali più importanti, pur discutibilmente, fra le due guerre mondiali.

La parte più speranzosa delle aspettative di Roosevelt per l’ONU si è dimostrata irrilevante e ingenua. Roosevelt sperava che i paesi di diversa ideologia che avevano cooperato così efficacemente nel reagire alla sfida fascista in guerra estendessero la loro alleanza al tempo di pace. Credeva, o forse solo sperava, che i vincitori della 2^ GM affrontassero le sfide meno onerose della pace. In retrospettiva, sembra chiaro che chi condusse la diplomazia di pace dopo la Guerra sottovalutarono l’intensità delle ambizioni geopolitiche antagonistiche temporaneamete attenuate per affrontare la comune minaccia costituita dal fascismo, e che l’aver tolto di mezzo tale minaccia rese possibile la ripresa di aspre rivalità geopolitiche fra le due superpotenze militari.

La Guerra Fredda, pur con le sue crisi periodiche, guerre per procura, e gare negli armamenti fecero in modo da evitare la guerra producendo un equilibrio di potere geopolitico relativamente stabile basato su due elementi principali: deterrenza (distruzione reciproca assicurata) e rispetto per le rispettive sfere d’influenza. I rischi di guerra durante questo periodo sorgevano dalle diverse percezioni dei rispettivi gradi di controllo sulle sfere d’influenza come nella Crisi dei Missili di Cuba del 1962 e l’interazione dei nazionalismi e delle affinità ideologiche nei tre paesi divisi, Corea e Vietnam – che condussero a orribili guerre per procura – e Germania, che produssero crisi ricorrenti che misero a rischio la pace in modi spaventosi. La prevenzione bellica fu di maggior successo in Europa dove le rispettive sfere d’influenza accettarono interventi ostili dell’URSS in Europa orientale e in modo più sfumato da parte USA in Europa occidentale.

Quella che si potrebbe chiamare ‘la geopolitica della pace’ durante la Guerra Fredda rifletteva  gli schemi di asserzione e restrizione che riflettevano la struttura geopolitica, la presenza di armi nucleari, e il crollo del colonialismo europeo. La realtà strutturale del periodo di Guerra Fredda fu catturata da una mentalità militarista della geopolitica nell’era nucleare, e dall’immaginario della ‘bipolarità’.

Tali astrazioni se non elaborate scurano il ruolo della dirigenza geopolitica, la coesione e la governance interna, e le percezioni dell’avversario. Eppure, la ‘bipolarità’ dà una visione della geopolitica più istruttiva di quanto la dia un’enfasi sui 5-P in ambito ONU, e ha prevalso nella letteratura accademica dei rapporti internazionali.

Il crollo dell’URSS indusse quel che i neoconservatori di destra negli USA annunciarono come l’avvento di ‘un momento unipolare’, il che significava che non valeva più la logica dell’equilibrio e della deterrenza, specialmente in conflitti entro le sfere d’influenza confinanti con Cina e Russia. L’equilibrio è stato sostituito dalla logica della dominazione e dall’asimmetria. Un’atmosfera trionfalista è emersa negli USA durante gli anni 1990, sull’onda di espressioni come ‘la fine della storia’, ‘il secondo secolo americano’, ‘la dottrina dell’ampliamento’, e ‘promozione della democrazia’. La geopolitica non era più concepita molto in termini regionali, ma piuttosto come impresa globale di un singolo attore politico, gli Stati Uniti, il primo autentico ‘stato globale’, la cui zona di sicurezza comprendeva l’intero pianeta.

Ma ci furono problemi nel rendere operativa una Dottrina Monroe per il mondo: la Potenza della resistenza nazionalista, col tempo neutralizzante l’impatto della superiorità militare goduta dall’ attore geopolitico che interveniva, una revisione dell’equilibrio di forze fra chi interveniva e i siti di lotta, recentemente evidente in Iraq e Afghanistan; il fatto che la sfida cinese non fosse in primo luogo militare e non potesse quindi essere ‘scoraggiata’ dalla sola forza; il crescente risentimento russo per essere rinchiusa e minacciata dalle acrobazie geopolitiche dell’unipolarità.

Un’ulteriore osservazione di natura concettuale: l’ordine mondiale è costituito da due logiche normative: una, geopolitica, basata sulla disuguaglianza degli stati, e una, giuridica, basata sulla loro uguaglianza. Per i rapporti basati sull’uguaglianza,il diritto internazionale fornisce un canovaccio; per quelli basati sulla disuguaglianza, rafforzano l’azione le priorità strategiche fra cui l’evitare la guerra. La bipolarità si era dimostrata relativamente resiliente, l’unipolarità risultò essere disfunzionale, producendo gran sofferenze umane, devastazione diffusa e sfollamento, oltre a frustrare il perseguimento e il conseguimento degli obiettivi geopolitici.

Prima della crisi ucraina, sembrava stesse formandosi una nuova configurazione geopolitica basata su schemi d’allineamento un po’ diversi: si stava ripescando il ‘contenimento’ riguardo alla Cina e focalizzando sulla difesa dell’Asia del sud, ivi comprese le isole, con un’alleanza meno eurocentrica su ambo i lati. Invece di NATO contro Patto di Varsavia ci sono i rapporti di USA, India, UK, e Australia. La Russia sembrava sostituire l’Est-Europa come principale alleato o partner della Cina, suggerendo una nuova fase di bipolarità e l’avvento di una seconda guerra fredda.

L’attacco di Putin all’Ucraina ha sfidato drasticamente quel cartellone di recita, o così pare ora. Putin aveva in precedenza promesso solennemente ‘la fine del mondo unipolare’ e pareva intenderlo soprattutto in rapporto alla sfera d’influenza russa lungo i suoi confini occidentali, cominciando dall’Ucraina. Un tale approccio geopolitico incorre in qualche ostacolo comparabile a quelli incontrati dagli USA in quanto all’unipolarità. La Cina è messa in una posizione balorda di priorità conflittuali, il bilanciare le incursioni e la geopolitica egemonica USA, mantenendo tuttavia la sacralità della sovranità territoriale, premessa fondamentale dell’ordine mondiale westfalico.

Si può ipotizzare che si trova presto una soluzione diplomatica per l’Ucraina, venga rinfocolata la geopolitica difensiva sino-russa. Nel prossimo future non si può scontare il fattore Trump, e con esso un ritorno a uno schema di riallineamento geopolitico più benigno verso la Russia e di carattere più economicistico, considerando la Cina il rivale più fastidioso degli USA dal punto di vista del commercio, degli investimenti, e dell’innovazione tecnologica.

Quel che sembra chiaro è che il post-guerra-fredda 30ennale sta finendo fra le rovine e la crisi umanitaria in corso in Ucraina. Quel che seguirà dipende da molti fattori, fra cui l’urto delle sfide globali non affrontate a fondo, prima non prominenti nelle agende geopolitiche, benché minacce fosche alla stabilità futura dei dispositivi planetari politici, economici, ed ecologici, se non trattate d’urgenza.

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Richard Falk è membro della Rete TRANSCEND, studioso di relazioni internazionali, professore emerito di diritto internazionale alla Princeton University,autore, co-autore o redattore di 60 libri, e conferenziere e attivista in affair mondiali. Nel 2008, the United Nations Human Rights Council (UNHRC) ha nominato Falk per sei anni United Nations Special Rapporteur su “la situazione dei diritti umani nei territori Palestinesi occupati dal 1967”. Dal 2002 vive a Santa Barbara, California, e insegna al campus locale di Studi Globali e Internazionali dell’University of California, e dal 2005 presiede il consiglio d’amministrazione della Nuclear Age Peace Foundation. I suoi libri più recenti sono: On Nuclear Weapons, Denuclearization, Demilitarization, and Disarmament (2019); ed Public Intellectual-The Life of a Citizen Pilgrim (memoirs-autobiography) (Clarity Press) Feb 2021.

Original in English: The Ukraine War: A Geopolitical Perspective TRANSCEND Media Service

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

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