(Italiano) Se lo stato abdica alle sue leggi, i comuni hanno il diritto/dovere di disobbedire

ORIGINAL LANGUAGES, 21 Mar 2022

Giorgio Barazza  | Centro Studi Sereno Regis – TRANSCEND Media Service

Ieri…

18 Marzo 2022 – Stavo pensando ad alcune esperienze di resistenza civile in cui la pubblica amministrazione (PA) locale (Comuni) è intervenuta nei conflitti armati e non armati.

A proposito di nucleare, mi è venuta in mente naturalmente l’iniziativa del Comune di Robassomero (Torino), che si è dichiarato Comune denuclearizzato nel 1981.

Mentre per quanto riguarda il preparare una cittadinanza alla resistenza civile, ripenso all’esperienza del comune di Cossato (Vercelli), che ha istituito il servizio comunale di difesa popolare nonviolenta (DPN), nel 1985.

Poi sono andato nel sottotetto a recuperare la documentazione che avevo raccolto quando, intorno agli anni Ottanta-Novanta – come attivista nella campagna di obiezione di coscienza alle spese militari e partecipando alla commissione nazionale sulla Difesa Popolare Nonviolenta (DPN) –, avevo cercato di realizzare un quaderno1 sulla pubblica amministrazione e sulla difesa popolare nonviolenta; così ho ripreso in mano un numero monografico che il comune di Ponte San Nicolò (1991) mi aveva inviato.

Il consiglio comunale di Ponte San Nicolò il 15/1/1991 (lo stesso giorno in cui scadeva l’ultimatum degli Stati Uniti all’Iraq per abbandonare il Kuwait invaso), dichiara «ai sensi dell’art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana, il comune di Ponte San Nicolò Comune non belligerante che ripudia la guerra come mezzo per risolvere le controversie internazionali. In questo spirito il comune di Ponte San Nicolò aderirà alle iniziative che facciano prevalere il diritto dei popoli alla pace».

Sulla scia di quei ricordi ho recuperato una traduzione che avevo fatto di alcuni articoli segnalatimi da Nanni Salio sulla rivista «Pour une autre defence»2 del MIR-Belga (Movimento Internazionale della Riconciliazione); vi veniva documentata la riflessione fatta nei Paesi Bassi circa una direttiva che era stata messa a punto per preparare funzionari e amministratori alla resistenza durante una occupazione straniera.

Oggi…

Di seguito alcune riflessioni fatte all’epoca e adattate alla situazione odierna, a partire dai documenti citati.

1. L’esperienza dei Paesi Bassi e le direttive alla Pubblica Amministrazione (PA)

I Paesi Bassi si sono trovati sovente occupati da forze straniere per cui il Governo ha pensato di dare nel 1936 delle «Direttive-Istruzioni» agli amministratori, ai funzionari della PA e a quelli dei trasporti circa l’atteggiamento e di conseguenza il comportamento da assumere nei confronti delle forze occupanti.

Queste istruzioni non sono state diffuse e pubblicizzate in modo adeguato, per cui durante l’occupazione tedesca della seconda guerra mondiale alcuni le hanno usate, altri in modo spontaneo hanno adottato comportamenti di «resistenza» all’invasore.

Durante l’occupazione è stato steso un Commentario alle istruzioni e nel 1962 il Governo dell’epoca ha elaborato delle nuove direttive.

Questa è forse l’unica esperienza conosciuta di «preparazione» della PA a un ruolo attivo all’interno di un processo di resistenza.

L’elemento saliente che emerge dalla loro riflessione circa il ruolo della PA sotto i «regimi di occupazione» è la seguente.

Un regime di occupazione «straniero» ha bisogno della PA, attraverso cui deve introdurre il suo «stile di vita». La PA – che prima si trovava ad amministrare delle leggi e tutto ciò che ne consegue per renderle operative e quindi poteva comportarsi all’insegna dell’ubbidienza – si trova a subire un cambiamento radicale nell’uso del proprio ruolo.

Collaborare o non-collaborare con l’usurpatore significa sostenere o no la sua politica e di conseguenza partecipare o meno al processo di espropriazione della cultura di cui funzionari e amministratori erano rappresentanti pubblici.

2. Il cambio di ruolo degli amministratori e dei funzionari

Fermiamoci un istante, e vediamo quali sono le «regole» della PA.

In queste regole prevalgono comportamenti tipo:

  • obbedienza, non vengono discussi gli ordini, le leggi ecc.;
  • procedurismo, burocrazia, il senso del lavoro è dato dal seguire delle regole fini a se stesse e non dai risultati conseguiti socialmente;
  • orientamento al privato nell’agire pubblico, le scelte di fondo non sono orientate alla tutela degli interessi generali (bisogni pubblici per tutti e fasce a rischio).

Se già adesso, in «regime di pace», le relazioni di scambio tra società civile e PA non sono efficaci nel garantire servizi per tutti e servizi ad hoc per le fasce a rischio, nella situazione di «occupazione straniera» il ruolo della PA, nelle sue articolazioni, assume una valenza molto più pregnante di quello che può sembrare a prima vista.

Di questo ruolo bisogna che si prenda coscienza e consapevolezza già in tempo di pace.

3. L’uso del ruolo in direzione della Difesa Popolare Nonviolenta (DPN)

Come cambia il ruolo del funzionario e dell’amministratore in regime di «occupazione straniera»: ogni volta che viene promulgata una legge, dato un ordine, anche nella routine di tutti i giorni, bisogna abituarsi a farsi questa domanda:

«Quali sono le conseguenze delle mie azioni o delle mie non azioni?

Questo comportamento è ancora giusto?»

Direi che il problema è strategico:

  • per definire il ruolo che assumerà la PA;
  • per orientare il contributo che daranno i suoi (funzionari e amministratori).

A seconda di quanti si porranno questa domanda e di quanti si daranno la stessa risposta verrà influenzata di molto la relazione di scambio tra società civile e PA, e la direzione del processo.

L’uso della discrezionalità sul posto di lavoro, che ognuno può esercitare in tempo di pace, deve diventare un momento di formazione affinché ci sia un sufficiente allenamento, e questa discrezionalità possa venire esercitata, con la dovuta competenza, in tempo di «guerra», quando le responsabilità che cadranno sulla PA e sui suoi agenti saranno di certo superiori a quelle attuali.

Si tratta di costruire una cultura pubblica che:

  • dal prescrittivo, senza margini di autonomia, vada verso il discrezionale all’interno di vincoli generali
  • dal procedurale vada verso una responsabilità sociale misurata sui risultati dell’agire pubblico
  • dal sostenere interessi aziendali, solo economici, vada prioritariamente verso il sostegno di interessi sociali di sviluppo umano.

4. Necessità dell’esercizio della discrezionalità; direttive per orientarne l’uso

Mi rivolgo a coloro che in questo momento stanno organizzando la resistenza alla «macchina della guerra», affinché vengano date delle direttive agli specifici settori3 e ai diversi ruoli della PA su come comportarsi, in modo da resistere all’interno del proprio ruolo, come amministratori e funzionari agli attacchi:

  • all’art. 11 della Costituzione («l’Italia ripudia la guerra»)
  • all’art. 52 della Costituzione («la difesa della patria è sacro dovere dei cittadini», non solo di quelli che militano nelle forze armate).

Dobbiamo imparare4 a protestare, a fare ostruzionismo, a non eseguire ordini e le eggi, a resistere apertamente, a realizzare servizi «paralleli» con l’obiettivo di decentrare il potere spostandolo:

  • da livelli istituzionali nazionali a locali;
  • da funzionari superiori a inferiori;
  • da operatori della PA all’utenza.

Si tratta nei fatti di portare a compimento il principio di sussidiarietà che sta dentro la riforma del capitolo V della Costituzione

Obiettivo strategico di questa direzione è facilitare la realizzazione della Costituzione (art. 1) che recita «L’Italia è una repubblica democratica […]. La sovranità appartiene al popolo». Queste capacità di difendere la Costituzione non sono nella natura del dipendente pubblico, ma possono essere coltivate attraverso l’esercizio dell’autonomia e con un’adeguata preparazione psicologica al nuovo ruolo che ci si trova a gestire quando si è in «regime di occupazione».

5. La necessità dell’addestramento all’uso dell’autonomia: la formazione di supporto

La repressione, le sanzioni, le punizioni, insieme a un’educazione suadente e manipolante della coscienza non provocano automaticamente sottomissione.

Perché siano efficaci devono far presa nella mente, devono produrre paura e propensione all’obbedienza.

Come non farsi prendere dalla paura e andare oltre l’obbedienza sono gli obiettivi su cui andrebbero impostati dei momenti di «training» dedicati, per i funzionari e gli amministratori della pubblica amministrazione.

Domani

Come richiedere al proprio Comune di dichiararsi non belligerante

Al Sindaco del Comune di ……………………………….

Noi abitanti e residenti del Comune

In rispetto

  • dell’articolo 11 della Costituzione («L’Italia ripudia la guerra […] nell’affrontare i conflitti internazionali»)
  • dell’articolo 52 («La difesa della patria è […] dovere dei cittadini […])

CHIEDIAMO

  • che il Comune si dichiari Comune non belligerante
  • che si attivi con iniziative a livello locale e nazionale e internazionale che non utilizzino armi
  • che partecipi alla ricerca di soluzioni al conflitto che sta alla base della guerra tra Russia e Ucraina, ma anche di quelli che sono ancora aperti (Yemen, Israele, Siria, Ruanda, Egitto, Myammar, …)
  • che coinvolga tutti gli attori presenti nel suo territorio: le scuole, la società civile, le imprese, i sindacati, i media locali, …
  • che prepari la comunità locale affinché sia in grado di praticare una resistenza civile quando necessario
  • che comunichi questa dichiarazione alle autorità italiane ed europee

Seguono le firme:

Nome, Cognome abitante/residente in Cellulare/mail firma

NOTE:

[1] Questo quaderno raccoglie esperienze di difesa popolare non armata, di resistenza civile alla guerra, in cui sono protagonisti gli enti locali. Cosa è successo a Goteborg. Ricordo che era uscito un articolo sul «La Stampa» (Torino) che accennava a una interessante esperienza di resistenza civile in Svezia; era intorno al 1985. Lo Stato svedese voleva costruire una (auto)strada in una grossa foresta vicino a Goteborg mentre la comunità locale era contraria. Cosa hanno fatto i locali? Sono stati organizzati dei percorsi formativi alla resistenza nonviolenta a livello popolare. A  queste iniziative hanno partecipato migliaia di persone. La cosa interessante di quell’esperienza è che aveva come co-protagonisti le autorità locali, le associazioni imprenditoriali, i sindacati, le chiese e le associazioni della società civile. La resistenza locale era contro le decisioni prese dalla pubblica amministrazione statale. Dopo la formazione, sono state attuate forme di lotta difensive delle piante, di resistenza verso chi voleva abbattere la foresta. Molti cittadini e autorità, tra cui anche il vescovo, si sono legati agli alberi per resistere a questa politica autoritaria (centro contro periferia senza consenso).

[2] Gli articoli, L’amministration publique sous l’occupation étranger, di A.A. H. Heering e Notes sur l’administration publique sous l’occupation étranger, di Joep Creyghton, sono apparsi rispettivamente sulla rivista «Pour une autre defence», Fiches documentaire (II.c52 85/24 e II.c53/juin 85/24)

[3] Nel settore privato si vedano le azioni di disubbidienza e di non collaborazione dei lavoratori dell’aeroporto di Pisa, che denunciano la presenza di armamenti in un carico umanitario (che doveva partire per solidarietà con l’Ucraina); e le azioni di non collaborazione dei lavoratori portuali che si rifiutano di partecipare al carico/scarico delle merci di navi che attraccano ai porti italiani trasportando armamenti destinati a Paesi in guerra. Mentre nel settore pubblico il Sindaco di Palermo autorizza la registrazione in anagrafe dei cittadini stranieri immigrati. E ancora nel settore della società civile l’Elemosiniere del Papa è andato a riallacciare la luce elettrica in un condominio di proprietà pubblica abitato da popolazione bisognosa (anziana, disabile, migranti), in cui era stata tolta la corrente per morosità.

[4] Utile al riguardo è il libro di Raffaele Mentegazzi, Imparare a resistere, per una pedagogia della resistenza, Mimesis edizioni.

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Giorgio Barazza è membro della Rete TRANSCEND per la Pace, Sviluppo e Ambiente.

 

 

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