(ITALIAN) ADDIO AL BRASILIANO AUGUSTO BOAL, IN IL “TEATRO DEGLI OPPRESSI”

COMMENTARY ARCHIVES, 12 May 2009

Daniele Barbieri

E’ morto sabato scorso a 78 anni il drammaturgo contro le dittature.

«Tutto il teatro è necessariamente politico; chi cerca di separare teatro e politica vuole indurci in errore… per ragioni politiche»: è la teoria e soprattutto la prassi del brasiliano Augusto Boal, una vita contro le dittature e perché sulla scena teatrale cadano le barriere fra attori e spettatori. Boal è morto sabato, a 78 anni.

Arrestato e torturato in Brasile, nel 1971 fugge: dopo un lungo esilio (in Argentina e poi in Europa) rientra nel suo Paese alla caduta della dittatura: dal ’92 al ’96 è nel consiglio comunale di Rio de Janeiro dove perfeziona il “teatro legislativo”, variante del suo impegno social-teatrale con il pubblico che mette in scena le leggi. Gli animatori raccolgono i problemi delle persone presenti e con tecniche teatrali li elaborano davanti a tutti, così ognuno diventa “spett-attore” per trasformarli in proposte di legge; quello che poi viene deciso a livello politico torna, in forma di teatro, alla gente in un circolo continuo.

Una democrazia “transitiva”, la coscientizzazione per usare la famosa formula di Paulo Freire, altro brasiliano considerato sovversivo da ogni regime autoritario del pianeta. Non a caso la creatura più famosa, di Boal è il “teatro degli oppressi” – diffuso oggi in tutto il mondo – proprio come Freire elabora una pedagogia contro l’oppressione.

Frei ricorda che la relazione umana è dialogo e invece siamo costretti ad ascoltare i monologhi del potere. In teatro si corre lo stesso rischio, sostiene Boal che dunque negli anni ’60 inizia a ribaltare la struttura classica della scena per rendere protagonista il pubblico. Un ulteriore passo avanti avviene quando Boal è già in esilio: nel 1973 in Perù, mentre usa il teatro come forma di alfabetizzazione, una donna del pubblico contesta l’attrice e sale sul palco per mostrarle cosa dovrebbe fare. Da allora Boal usa questo metodo in modo diretto e anche “invisibile” cioè coinvolgendo – in una piazza, dentro un mercato, in una scuola, in un ospedale – un pubblico non preavvisato e chiedendo a ogni persona di offrire la sua soluzione.

Nel teatro-forum a esempio prima si presenta lo spettacolo (molto breve, di solito una situazione di vita concreta) con un finale chiuso. Poi con l’aiuto di un jolly – cioè di un conduttore – il pubblico è stimolato ad aiutare i protagonisti, a cercare altre soluzioni o magari raccontare storie più importanti. E’ come se la provocazione contro il teatro “borghese” di Pirandello nei Sei personaggi in cerca d’autore irrompesse ogni giorno nella scena e fuori di essa: teatro e politica insieme, dialogo, pedagogia, una continua lotta alla “paura della libertà” (come la chiamò Freire), al poliziotto più spietato, quello – dice Boal – che abbiamo dentro il nostro cervello.

Un esempio aiuta a capire; lo riprendo da un libro, “Arte come Resistenza” che sarà pubblicato in autunno dalla Emi. La compagnia belga “Theatre du Public” porta in Palestina uno spettacolo dove l’amore fra due emigrati – il palestinese Rashid e la siciliana Graziella – viene ostacolato da tutti (per motivi religiosi e non solo) concludendosi in tragedia.

E’ una vicenda realmente accaduta in Belgio ma che “Theatre du Public” ha riproposto, anche in Palestina, con le tecniche di Boal, invitando dunque chi assiste a diventare protagonista, a vivere le scelte dei protagonisti, a verificare se esiste una via d’uscita.

Sono molti in Italia i gruppi che si rifanno a Boal: il più attivo è il “teatro jolly” (www.giollicoop.it si possono vedere le loro attività). In italiano sono stati tradotti vari suoi testi: Il teatro degli oppressi (Feltrinelli), Il poliziotto e la maschera e Racconti della nostra America (entrambi La meridiana).

Nella premessa a queste storie vere – «la Nuestra America che si oppone all’America con la K» – che Boal ha rielaborato c’è anche don Evencio: le vecchiette della chiesa gli propongono di riunirsi per studiare a fondo la vita di suor Giovanna ma il prete ha un’altra idea… e così “lunedì, alle 6 di sera” si farà una processione molto particolare, quella di “Nostra signora degli oppressi”.

Fonte: «Liberazione», mercoledì 6 maggio 2009

GO TO ORIGINAL – CENTRO STUDI SERENO REGIS

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