(Italiano) Il nucleare civile… tra le pieghe del militare

ORIGINAL LANGUAGES, 11 Sep 2017

Elena Camino – Centro Studi Sereno Regis

1 settembre 2017 – Le recenti manifestazioni a favore del bando delle armi nucleari hanno dimostrato il crescente interesse della società civile ad agire per scongiurare la minaccia di una guerra atomica. Il 7 luglio a New York con 122 voti a favore, 1 astenuto e 1 contrario, è stata sancita e adottata dall’Onu la messa al bando delle armi nucleari .

Pur nel generale apprezzamento per questo Trattato, sono stati messi in evidenza alcuni limiti: uno di questi – come scrive Angelo Baracca in un recente intervento – “è quello di continuare ad insistere sul diritto degli Stati di sviluppare le tecnologie nucleari per usi civili, che ormai si sono dimostrate la porta per accedere alle tecnologie militari, poiché il dual-use è la caratteristica intrinseca e ineliminabile di questa tecnologia”.

L’idea che fosse possibile utilizzare l’energia contenuta nei nuclei atomici a fini pacifici fu lanciata nel 1953 con un celebre discorso di Eisenhower: “Atoms for peace”.

Leonard Weiss1, nel 2003, si chiedeva se il progetto ‘Atoms for Peace’ non avesse accelerato la proliferazione, aiutando alcune nazioni ad acquisire arsenali più avanzati proprio grazie alla possibilità di produrre combustibile per le centrali nucleari.

Le centrali nucleari e la bomba: un legame pericoloso. Era il 1984, e questo era il titolo di un libro scritto da Nanni Salio e pubblicato dalle Edizioni Gruppo Abele. In anni successivi Nanni ebbe spesso occasione di tornare sul tema delle relazioni tra lo sviluppo ‘pacifico’ e quello ‘militare’ dell’energia nucleare, e affermava che:

La questione nucleare è tale per cui civile e militare sono due facce della stessa medaglia: non c’è l’uno senza l’altro.

La lotta contro il nucleare civile e militare è stata uno dei grandi temi dei movimenti per la pace e nonviolenti, culminata nei referendum contro le centrali nucleari, a ridosso degli incidenti di Cernobyl e Fukushima.

Nel 2011 Angelo Baracca affermava “La vocazione distruttiva dell’energia nucleare si riflette nel suo intrinseco dual-use, l’impossibilità di separare usi “civili” e militari. Tutti i paesi che hanno realizzato la bomba sono passati attraverso la costruzione di reattori nucleari.” E ancora: “Se davvero si realizzassero i sogni di rilancio del nucleare civile e la sua diffusione in molti paesi, i rischi di proliferazione militare aumenterebbero in modo incontrollabile.

https://www.pressenza.com/it/2011/04/la-tecnologia-nuclearex-militare-e-civilex-e-una-ricetta-per-il-disastrox-bisogna-chiudere-lxera-nucleare/

Come denuncia la Campagna Internazionale per l’abolizione degli Armamenti Nucleari ( ICAN – International Campaign to Abolish Nuclear Weapons), che è stata una protagonista del recente successo ottenuto all’ONU, “il plutonio è prodotto dall’uranio in un reattore nucleare. I programmi nucleari militari e civili sono spesso strettamente collegati. La maggior parte dei casi recenti di proliferazione nucleare sono derivati da programmi che venivano esibiti come chiaramente pacifici” (http://www.icanw.org/the-facts/catastrophic-harm/production-of-nuclear-weapons/)

Che implicazioni può avere la grande partecipazione civile alle manifestazioni per il bando delle armi nucleari (in Italia e nel mondo) sul futuro delle centrali per la produzione di energia elettrica che sfruttano l’energia nucleare? Che tipo di collaborazione si può sviluppare verso le numerose comunità che in tutto il mondo manifestano pacificamente per difendere le loro terre e la loro salute contro le miniere, le centrali, i depositi radioattivi che alimentano la filiera degli ‘atomi per la pace’,?

Per affrontare questo interrogativo può essere utile qualche aggiornamento sul tema…

Le centrali nucleari: quante, dove, con quali prospettive?

Il Bulletin of the Atomic Scientists (http://thebulletin.org/) dal 1945 svolge una importante funzione di informazione rivolta a studiosi, decisori politici, pubblico interessato, su temi che riguardano gli armamenti nucleari e il disarmo, le tecnologie di applicazione dell’energia nucleare, le problematiche emergenti con il cambiamento climatico. Sul loro sito si trovano dati scientifici, dibattiti politici, reports su entrambi gli usi dell’energia nucleare, militari e civili.

Il global nuclear power database disponibile sul suo sito (http://thebulletin.org/global-nuclear-power-database) è uno strumento multimediale interattivo che consente di esplorare moltissime variabili relativamente allo stato dei reattori installati in centrali di produzione di energia nucleare, costruiti tra il 1951 e il 2017: si tratta di 754 reattori, di cui 90 sono stati abbandonati, alla cui costruzione hanno partecipato 41 nazioni.

A gennaio 2017 risultano in fase di costruzione 55 reattori in 13 paesi: 34 in Asia, 10 nell’Europa dell’Est, 4 in Medio Oriente. Per almeno 35 di essi sono segnalati ritardi rispetto alle previsioni . Almeno 90 unità – il 12% dei reattori in costruzione – sono state abbandonate a vari stadi. Negli USA tra il 1977 e il 1989 sono stati interrotti i lavori di 40 unità. Nel 2010 si stavano avviando i lavori per 15 nuove unità (10 in Cina), ma il numero è caduto a 3 nel 2016.

Con 90 unità completate e 8 in costruzione, la Westinghouse (da sola o con associati) è l’azienda che nel mondo ha costruito più reattori. Framatome ha costruito 73 reattori, di cui 62 in Francia; dal 2001 ha cambiato nome in AREVA, e sta costruendo 4 reattori in Cina, Finlandia, e Francia – nessuno finora completato. Compagnie russe hanno avviato la costruzione di 128 reattori, interrompendone 28. 10 sono ancora in costruzione, di cui 4 fuori dalla Russia

Il tempo necessario per la costruzione dei reattori è stato tra 5 e 10 anni: 11 reattori hanno richiesto più di 20 anni. Scorrendo il cursore sulla mappa mondiale interattiva offerta da questo database è possibile sapere la situazione aggiornata dei singoli Paesi: quanti reattori in funzione, quanti in costruzione. In Giappone, per esempio, dove le attività delle centrali nucleari erano state sospese dopo l’incidente di Fukushima, i lavori sono stati di recente ripresi. In India sono 5 i reattori in costruzione, e due unità sono state avviate dopo Fukushima. In Cina i reattori in costruzione a gennaio 2017 sono 21.

Fukushima, cinque anni dopo (http://thebulletin.org/fukushima-five-years9224)

John Mecklin (capo redattore del Bulletin of the Atomic Scientists), in occasione del 5° anniversario – nel 2016 – ha scritto un articolo in cui riassume la situazione, e chiede ad alcune persone di esprimere la loro opinione. A suo parere i nomi di Fukushima, Chernobyl, Three Mile Island, e ovviamente Hiroshima e Nagasaki non evocano solo lo spettro pauroso di una enorme potenza, accompagnata da una minaccia invisibile, ma vengono associati a un senso di fallimento, all’incapacità dell’umanità di mantenere il controllo di tale potenza. Come è noto, l’11 marzo 2011 un terremoto di magnitudo 8,9 localizzato al largo della costa nord orientale del Giappone provocò uno tsumani, con onde di circa 15 metri, che si abbatterono contro la centrale nucleare di Fukushima Daiichi, interrompendo l’alimentazione elettrica e causando un blackout al sistema di raffreddamento dei reattori. Per settimane non fu chiaro se sarebbe stato possibile raffreddare i tre noccioli dei reattori danneggiati con sistemi diversi, e se sarebbe stato possibile controllare l’emissione di radiazioni.

Ora, cinque anni dopo l’incidente, Fukushima viene riconosciuta in tutto il mondo come simbolo, ma vi è ancora un acceso dibattito – in Giappone e nel mondo – sulla realtà della situazione. Vaste quantità di acqua contaminata sono ancora presenti nel sito del reattore danneggiato, insieme a quella che è stata immagazzinata in circa 1000 grandi contenitori . Estese aree nella regione circostante sono ancora contaminate; non si è ancora trovata una soluzione su che cosa fare con i tre noccioli fusi. Eppure il Giappone ha iniziato a rimettere in funzione alcune unità della flotta di reattori nucleari che erano stati spenti dopo l’incidente di Fukushima, nonostante che i primi orientamenti del governo dopo l’incidente fossero stati verso l’abbandono dell’energia nucleare.

Nel resto del mondo le reazioni sono state contraddittorie: la Germania ha annunciato che avrebbe chiuso le centrali, e lo sta facendo, gli Stati Uniti hanno provato a rivedere i regolamenti , ma se i cambiamenti siano reali o simbolici è ancora da verificare.

Inoltre, alcuni degli scienziati che si occupano di cambiamenti climatici spingono per un aumento dell’uso dell’energia nucleare per contrastare l’effetto serra, e parecchie nazioni – in primo luogo la Cina, che ha in costruzione 26 nuove centrali e progetta di costruirne altre – sono avviate a una significativa espansione nell’uso dell’energia nucleare. Alla luce di questa disparità di opinioni e di scelta, il Bulletin ha invitato un gran numero di esperti del settore a esprimere il loro parere sul disastro avvenuto 5 anni fa a Fukushima, nella speranza di ravvivare la discussione sulle lezioni che sono o non sono state apprese, e sui passi che sono o non sono stati intrapresi per migliorare le condizioni di sicurezza del nucleare nel mondo. I commenti – in inglese – si possono leggere in coda all’articolo.

Sguardi critici sull’industria nucleare

Un gruppo di studiosi ed esperti indipendenti pubblica da alcuni anni delle relazioni sullo stato dell’Industria nucleare mondiale: the World Nuclear Industry Status Reports.

La pubblicazione del prossimo Report (World Nuclear Industry Status Report 2017 – WNISR2017) è prevista per il prossimo mese di settembre a Parigi. Nel frattempo, sul loro sito vengono continuamente pubblicati degli aggiornamenti che riguardano eventi, progetti, novità nel settore dell’industria nucleare. Abbiamo scelto tre di queste ‘News’, di cui proponiamo qui una sintesi, che ci danno un’idea sia dell’orientamento attuale sia di alcuni aspetti controversi e irrisolti.

30 giugno 2017. Il primo reattore in costruzione nel 2017 è Kudankulam-3 in India

(https://www.worldnuclearreport.org/First-Construction-Start-in-the-World-in-2017-Kudankulam-3-in-India.html)

Il 29 giugno 2017 il Consorzio russo Rosatom ha annunciato ufficialmente l’avvio dei lavori di costruzione del 3° reattore della centrale nucleare di Kudankulam, in Tamilnadu (india), che dovrebbe essere completato in 6 anni. La costruzione del primo reattore ha richiesto 11 anni per essere completata; quella del secondo reattore, iniziato nel 2002, è stata conclusa nel 2016, nonostante la forte opposizione delle popolazioni locali.

Il 19 giugno 2017 l’Ente di controllo per l’energia atomica (Atomic Energy Regulatory Board – AERB) ha dato l’autorizzazione alla costruzione dei reattori 3 e 4. Ma un movimento ambientalista con base a Chennai, il “Poovulagin Nanbaragal (Friends of the Earth)”, che da anni si oppone all’impianto di Kudankulam, ha dichiarato che tale autorizzazione è illegale, soprattutto perché la densità di popolazione nell’area circostante è molto superiore a quella prevista dalle norme.

Vi è una causa in corso tra l’Associazione e l’Ente di controllo, e la Corte Suprema dovrebbe pronunciarsi in merito.

Le radiazioni di Fukushima per le Olimpiadi 2020?

Il 21 luglio 2017 un giornalista della rivista Truthout (USA), Dahr Jamail, pubblica un articolo in cui segnala che il Giappone sta progettando di esporre il suo popolo e i partecipanti alle Olimpiadi del 2020 alle radiazioni di Fukushima. (Japan Plans to Expose Its People and 2020 Tokyo Olympians to Fukushima Radiation ).

Arnie Gundersen, un esperto che coordinò i progetti di 70 centrali nucleari in USA, si dichiara sconvolto dal modo con cui il governo giapponese sta gestendo la crisi nucleare di Fukushima. “E’ terribile la mancanza di umanità del governo nei confronti dei rifugiati.” Gundersen, che sul disastro di Fukushima Daiichi ha pubblicato articoli e libri, sostiene che il governo e l’industria atomica giapponese stanno cercando di forzare tutta la gente che era stata evacuata dopo l’incidente di Fukushima a tornare a “casa” prima delle Olimpiadi del 2020.

A marzo il governo federale giapponese ha sospeso i sussidi che assegnava agli sfollati: questa decisione obbligherà molti di loro a tornare nei loro paesi per necessità economica. Il Comitato Olimpico Internazionale dal canto suo sta cercando di presentare la situazione come normalizzata, e di far giocare gli incontri di baseball e softball games a Fukushima.

Gundersen ritiene che questi orientamenti siano dettati dall’interesse del governo giapponese, che è filo-nucleare, a dichiarare risolto il problema Fukushima. Ma secondo lui il problema è ancora aperto, e le case non sono abitabili.

Scorie nucleari: pianificare per i milioni di anni a venire

Sulla rivistaChina Dialogue” il 27 aprile 2017 è stato pubblicato un articolo di Ruby Russell

(Nuclear waste: Planning for the next million years) che mette in evidenza che – 31 anni dopo l’incidente di Chernobyl – non sia ancora stato raggiunto un accordo su come gestire le scorie nucleari.

L’Autore osserva che, 60 anni dopo l’entrata in funzione del primo reattore nucleare i n Russia e 31 anni dopo Chernobyl, la maggior parte dei Paesi non sono ancora giunti a un accordo su come immagazzinare in modo sicuro le scorie nucleari.

Più avanti di tutti nella ricerca di soluzioni è la Finlandia, con il primo deposito permanente di scorie nucleari, che dovrebbero essere seppellite a 400 metri di profondità in uno strato roccioso di granito nell’isola di Olkiluoto, al largo della costa, dove i progettisti dichiarano che sarà sicuro per i prossimi 100.000 anni. Gruppi di artisti e di filosofi stanno discutendo su come comunicare alle future generazioni la pericolosità del luogo – ipotizzando che possano essere popolazioni molto diverse da noi. Ma anche su scale temporali più brevi, i problemi tecnici, economici e sociali della gestione delle scorie radioattive sono enormi. La Finlandia inizierà a seppellire scorie nel 2020, e ci si aspetta che il processo continuerà per cento anni. Sembra un periodo lungo, e lo è – se si considera che l’osservazione della prima reazione nucleare avvenne meno di 100 anni fa, nel 1919.

Controversie sul nucleare ‘pacifico’

Presso l’Università Autonoma di Barcellona (Institute of Environmental Science and Technology – ICTA) un gruppo di ricercatori è impegnato da alcuni anni a documentare controversie socio-ambientali nel mondo, e ha messo a disposizione un Atlante per la Giustizia Ambientale (Environmental Justice Atlas) consultabile al sito https://ejatlas.org/#ejolt. Tra i conflitti in atto – per lo più tra popolazioni locali e grandi imprese (spesso sostenute dai governi) – sono numerose quelle che riguardano la filiera dell’energia nucleare: le miniere, i luoghi di costruzione delle centrali nucleari, i siti di deposito delle scorie. In questa cartina sono segnate le controversie che riguardano la sola India.

Ma i conflitti di questo tipo sono numerosi , anche se i media ne danno poche notizie.

Pragmatismo del tempo presente

L’Istituto per l’Energia Nucleare (Nuclear Energy Institute) fondato nel 1994, deriva dalla fusione di varie realtà industriali che si occupano di energia nucleare (https://www.nei.org/)

Il 17 agosto 2017 sul loro sito (https://www.nei.org/News-Media/News/Japan-Nuclear-Update) hanno dato notizia che i responsabili di due centrali nucleari giapponesi – Kansai Electric Power Co. e Kyushu Electric Power Co. – hanno consegnato all’autorità competente (la Japan’s Nuclear Regulation Authority – NRA), i documenti necessari per riavviare i reattori Ohi 3 e 4, e Genkai 3.

Per poter essere riattivati i reattori giapponesi devono rispondere a una serie di requisiti tecnici e ottenere il consenso del governo locale.

Dei 42 reattori potenzialmente attivabili in Giappone, 5 sono rientrati in funzione negli ultimi mesi. A quanto pare il governo giapponese è orientato a riprendere gradualmente la produzione di energia da fonti nucleari.

Nuove prospettive nucleari in USA?

E’ una notizia degli ultimi giorni: anche se nel resto degli Stati Uniti si stanno chiudendo le centrali nucleari, in Georgia la grande industria sta puntando alla costruzione di due enormi reattori nei prossimi 5 anni (https://www.nytimes.com/2017/08/31/business/georgia-vogtle-nuclear-reactors.html). La Georgia Power ha presentato domanda di approvazione per costruire questi reattori nella centrale Alvin W. Vogtle, vicino ad Augusta, che ospita già due reattori costruiti negli anni 1980. Sotto la presidenza di Donald Trump si assisterà forse a una inversione di tendenza sulle fonti energetiche? E che implicazioni potrà avere tutto ciò rispetto al trattato per il bando degli armamenti nucleari?

NOTA:

1 Leonard Weiss, “Atoms for Peace,” Bulletin of the Atomic Scientists 59, no. 6 (November-December 2003), pp. 41-42.

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Elena Camino è membro della rete TRANSCEND per la Pace, Sviluppo e Ambiente e Gruppo ASSEFA Torino.

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