(Italiano) Un processo di conquista rovesciato per un’alternativa

ORIGINAL LANGUAGES, 21 Jun 2021

Giorgio Barazza | Centro Studi Sereno Regis - TRANSCEND Media Service

18 Giugno 2021 – A proposito de L’invasione zapatista è iniziata! di Jérôme Baschet del 20/5/2021 pubblicato sul nostro sito e al cercare di impostare un processo di conquista rovesciato per un’alternativa, condivido con l’autore che “questo viaggio significa sfumare una storia che ha assegnato posizioni profondamente radicate e inequivocabili al conquistatore e al vinto. Ma significa soprattutto sbloccare la possibilità di una storia alternativa.”

Nella lettura dell’articolo mi sono ricordato di un testo che avevo letto anni addietro in una raccolta di articoli apparsi sulla rivista Resurgence diretta da Satish Kumar.

Forse la delegazione zapatista, “Escadron 421”, che sta attraversando l’oceano a bordo de La Montaña per approdare in Europa tra tutte le cose che ci vorrà raccontare ha portato anche una lettera del capo indiano, “Guaiacapipuro Cuautémoc[1][2], da consegnare a tutti i governi europei” che ci ricorda la vera storia del debito estero. Lettera nella quale si chiede loro di restituire l’oro e l’argento presi in prestito fra il 1503 e il 1660.

Guaicaipuro riuscì a formare una potente confederazione di tribù, con la quale affrontò gli spagnoli per il controllo della valle di Caracas. forse la sua visione e la capacità di organizzare la resistenza ci può insegnare qualcosa

Forse non è il caso di fidarsi dei tecnici che oggi sono al nostro governo, hanno una visione un po’ deformata della realtà e della storia.

La vera storia del debito estero[3]

“Mi presento. Mi chiamo Guaiacapipuro Cuautémoc e sono qui per portare alla luce chi sono coloro che oggi celebrano la scoperta. Eccomi qua, un discendente di coloro che, 40.000 anni fa colonizzarono l’America, venuto per fare conoscere veramente quelli che la scoprirono appena 500 anni fa.

  • Il mio fratello europeo, dai confini del suo Stato, mi chiede un documento scritto, con tanto di visto, per scoprire quelli che mi scoprirono;
  • il finanziatore europeo mi chiede di pagare un debito contratto da una Guida che io non ho mai autorizzato a vendersi a me;
  • l’azzeccarbugli europeo mi spiega che tutti i debiti debbono essere pagati con gli interessi, persino se ciò significa vendere esseri umani e interi Paesi senza il loro consenso. Gradualmente sto scoprendo questi signori.

Anch’io ho da reclamare alcuni pagamenti, e posso chiedere gli interessi: le prove di quanto dico si trovano nell’Archivio de Indias. Carta dopo carta, ricevuta dopo ricevuta, firma dopo firma, si può dimostrare che solo tra il 1503 e il 1660, 185.000 chili d’oro e 16 milioni di chili d’argento furono trasportati via mare dall’America a San Lucar de Barrameda.

  • Una rapina? Non direi, perché ciò significherebbe che i nostri fratelli cristiani stanno violando il loro 7° comandamento.
  • Un saccheggio? Che Tanatzin possa avere pietà di me per aver pensato che gli Europei, come Caino, prima uccidono i loro fratelli e poi negano di averne versato il sangue.
  • Un genocidio? Ciò significherebbe dare credito a calunniatori, come Bartolomè de las Casas, che equiparà la scoperta delle Indie alla loro distruzione, e a estremisti come il dottor Arturo Pietri, il quale dichiara che l’esplosione del capitalismo e della civiltà europea attuale fu causata dal flusso dei metalli preziosi.

Non ci sono altre spiegazioni. Quei 185.000 chili d’oro e 16 milioni di chili d’argento devono essere considerati come il primo dei molti prestiti amichevoli concessi dall’America all’Europa per favorirne lo sviluppo. Il contrario presupporrebbe crimini di guerra, eventualità che si tradurrebbe non solo, nella domanda di immediata restituzione del maltolto, ma anche nella richiesta di un risarcimento dei danni. Preferisco credere nella meno offensiva delle ipotesi. Tali esportazioni favolose di capitali non erano affatto una somma parziale relativa all’inizio di un Piano Marshalltezuma atto a garantire la ricostruzione della barbara Europa, rovinata da guerre deplorevoli contro il nemico musulmano.

Per questa ragione dato che ci stiamo avvicinando al 5° centenario del Prestito dobbiamo domandarci: cosa hanno fatto i nostri fratelli europei in maniera razionale, responsabile o almeno produttiva, con le risorse avanzate così generosamente dal Fondo internazionale Indoamericano?

La risposta è: niente, purtroppo. Le hanno strategicamente sperperate in battaglie come quella di Lepanto, nelle invincibili armate, nel Terzo Reich e in altre forme di reciproco sterminio e tutto ciò non solo per venire occupati dalle truppe Yankee della NATO, allo stesso modo di Panama (ma senza un canale). In termini finanziari i fratelli europei sono stati incapaci – anche dopo una moratoria di 500 anni – sia di restituire il capitale con tanto di interessi sia di rendersi indipendenti rispetto ai redditi netti, alle materie prime e all’energia a buon mercato che importano dal Terzo Mondo.

Questo quadro disgustoso avvalora l’affermazione di Milton Friedman secondo la quale una economia sovvenzionata non può funzionare in modo corretto. E ci costringe a reclamare – per il loro bene – quella restituzione di capitale e interessi che noi abbiamo generosamente differito per tutti questi secoli.

Detto ciò vogliamo chiarire che ci asterremo dal caricare i nostri fratelli europei di quello spregevole sanguinario tasso di interesse variabile, del 20 o persino del 30%, che essi impongono ai paesi del Terzo Mondo. Chiederemo solo la devoluzione di tutti i metalli preziosi anticipati più un modesto tasso di interesse del 10% annuo accumulato su un periodo di 300 anni. Su queste basi e applicando la formula europea dell’interesse composto, informiamo i nostri scopritori, che essi ci sono debitori, come primo pagamento a fronte del debito, solo di un quantitativo di 185.000 chili di oro e di 16 miioni di chili d’argento, entrambi elevati alla trentesima potenza. Ciò corrisponde a una somma che necessiterebbe di più di 300 cifre per essere scritta su un foglio, e il cui peso supererebbe pienamente quello del pianeta Terra.

Che cumuli enormi d’oro e d’argento! Quanto peserebbero se calcolati in sangue? Dire che, in mezzo millennio, l’Europa non è stata capace di produrre ricchezza sufficiente per restituire questo modesto interesse è come ammettere il totale fallimento finanziario del capitalismo.

I pessimisti del Vecchio Mondo affermano che, essendo la loro civiltà già in bancarotta, non possono adempiere ai loro impegni finanziari o morali. Se questo è vero, saremo felici di venire pagati con il proiettile che ammazzò il poeta.

Ma non è possibile, perché quel proiettile è il vero cuore dell’Europa”.

Note:

[1] Guaiacapipuro Cuautémoc (Los Teques, attuale Venezuela, c. 1530 – Paracotos, 1568). Cacique (capo indiano) dei Teques, popolo aborigeno insediato nell’attuale regione di Caracas (Venezuela), che oppose lunga resistenza alla conquista spagnola nella seconda metà del XVI secolo

[2] Per farsi una idea del ruolo di questo personaggio all’interno della resistenza all’invasione spagnola in America Latina si veda anche: https://www.biografiasyvidas.com/biografia/g/guaicaipuro.htm; https://en.wikipedia.org/wiki/Guaicaipuro

[3] Questo racconto è apparso in Terra, anima, società. Volume 2, Vedere le cose nel loro insieme, Selezione da Resurgence Magazine, Resurgence Book, edizione FioriGialli, Velletri 2006, pagg. 121-123

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Giorgio Barazza è membro della Rete TRANSCEND per la Pace, Sviluppo e Ambiente.

Testo ripubblicato per gentile concessione di Edizioni Fiori Gialli e recuperato da Giorgio Barazza in seguito alla lettura dell’articolo l’invasione zapatista è iniziata!” di Jérôme Baschet

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