(Italiano) A Genova da Sant’Anna di Stazzema a piedi. IL CAMMINO come AZIONE POLITICA. Secondo Lorenzo Guadagnucci

ORIGINAL LANGUAGES, 19 Jul 2021

Silvia Berruto – TRANSCEND Media Service

18 Lug 2021 – Nel ventennale del G8 di Genova 2001

A Genova da Sant’Anna di Stazzema a piedi.

IL CAMMINO come AZIONE POLITICA. 

Lorenzo Guadagnucci è un camminatore ‘politico’.

È in cammino da Sant’Anna di Stazzema a Genova per il ventennale del G8 di Genova del 2001.

Lo raggiungo al telefono.

SB_Perché camminare? Qual è il senso del cammino?

LG_ Il senso del cammino, dal punto di vista personale, è un modo per testimoniare con più forza, col corpo, con la fatica, il fatto di credere in quello che si fa.

È una forma di affermazione anche dei propri convincimenti per se stessi» e per chi è esterno.

«C’è anche un valore comunicativo verso l’esterno».

Il cammino è più forte delle sole parole.

«Per me camminare è questo ha un valore politico».

I due luoghi sono due luoghi simbolo della storia d’Italia, sono molto diversi fra loro, a tanti anni di distanza.

Durante la seconda guerra mondiale, una strage di innocenti.

Genova tutt’altro perché comunque non era una situazione di guerra.

C’è stato un morto. Comunque uno di troppo e però in un contesto completamente diverso, con fatti completamente diversi.

Però qualcosa che li accomuna c’è nel senso che il tema che cogliamo in questo cammino da Sant’Anna intanto ovviamente è il richiamo all’antifascismo, all’esperienza della guerra e quindi anche la denuncia di che cos’è realmente la guerra: è sempre una guerra contro i civili.

Ci sono sempre delle Sant’Anna quando c’è una guerra.

E d’altra parte Sant’Anna è, anche, per come è avvenuta,  il luogo dove furono trucidate delle persone con disinvoltura, anche con modalità negative.

Hanno sempre dato l’idea gli autori dei questi massacri di non aver nessun riguardo per la vita umana.

E perché evidentemente quelle vite non contavano nulla, erano vite meno che umane.

E partiamo da questo senso, da questo messaggio che ci viene da Sant’Anna e noi ci accorgiamo che anche nella vita di oggi ci sono vite che vengono annientate senza rimorso, con disinvoltura.

È un sistema del quale in qualche modo siamo complici, perché ne facciamo parte, perché non riusciamo a venirne fuori, a combatterlo abbastanza.

E comunque lo vogliamo perlomeno denunciare.

E, per esempio, i morti del Mediterraneo per causa nostra, dell’Europa, della nostre politiche – le cosiddette politiche sull’emigrazione – producono morti, producono violenza.

Sono scelte, non sono incidenti o fatalità.

Si decide di fare così.

Anche recentemente è stato acclamato e indicato come un grande esempio di guida politica l’incontro fra Merkel e Draghi, di qualche settimana fa, che hanno confermato accordi con la Turchia, ne hanno previsti altri con la Libia, col Mali, sembra.

E tutto questo è frutto di un programma di sviluppo, di un sistema economico-politico. A Genova nel 2001 fu denunciato.

Fu anche denunciata con forza, anche con una manifestazione pacifica, il 19 luglio 2001 la questione dell’emigrazione come una questione centrale del nostro tempo.

E quell’esperienza fu soffocata anche lì con la violenza, violenza anche mortale nel caso di Giuliani».

Senza dimenticare LA TORTURA.

«Quindi il nesso c’è.

Sono due momenti importanti della storia d’Italia che ci possono servire come guida, un’ulteriore sollecitazione a cercare una strada diversa da quella che stiamo percorrendo.

In questo cammino portiamo questo contributo. Un messaggio, se vogliamo, di profondità storica che va oltre il 2001.

Per quello che c’è da testimoniare in questo cammino.

SB_ Chi è l’organizzatore del cammino che si svolge da Sant’Anna di Stazzema dal 1° al 18 luglio?

LG_ Repubblica Nomade che fa parte della rete di associazioni che ha organizzato le iniziative che ci saranno a Genova da domenica in poi (dal 18 luglio in poi, ndr).

Per quattro giorni ci saranno iniziative dalla mattina alla sera a Genova, nel ventennale.

Repubblica Nomade fa parte di questa rete di associazioni quindi il messaggio che porta Repubblica Nomade in qualche modo è condiviso, fatto proprio da questa rete che dà anche un contributo anche di modalità di intervento.

Se camminare è un’azione politica, questa è un’azione politica di intervento per il ventennale.

SB_ Oltre che un altro mondo è possibile del 2011, ora un altro mondo è necessario. (Mi riferisco alla nuova edizione che Lorenzo ha scritto con Vittorio Agnoletto, in libreria il 24 giugno scorso).

Qual è la forza di questo aggiornamento?

LG_ È materiale nuovo – per circa un terzo del libro – corposo perché da u lato abbiamo ricostruito nel libro tutte le inchieste, tutti i processi del G8.

Nel 2011 quando usci la prima versione non c’erano ancora state le sentenze di Cassazione e nemmeno le sentenze della Corte europea dei diritti umani e i vari diritti conseguenti ad esempio la sorte toccata ai condannati.

Questa parte nuova permette di ricostruire, come meglio abbiamo potuto, anche tutto l’iter giudiziario di questa lunga vicenda.

C’è un capitolo introduttivo, completamente nuovo, che cerca di collocare l’inchiesta di Genova nel presente. Ed è un aggiornamento che tocca l’analisi dei movimenti. Negli ultimi dieci anni molte cose sono cambiate molti sviluppi si sono evoluti.

Quindi cerchiamo di ripercorrere quelle esperienze e di collocarle nell’oggi sempre ponendoci la domanda del senso di marcia: se Genova è una pagina chiusa se invece Genova ha un’eredità utile, se è un’esperienza che studiare e conoscere può essere importante.

Facciamo un po’ di riflessioni su questi temi.

SB_ Riflessioni e domande retoriche. Per Voi certo che ha senso.

LG_ Certo per noi ha senso. Ci sono sicuramente dei fili che legano quell’esperienza a oggi. Da un lato perché il movimento per molti, come si diceva allora, è stato una Cassandra che ha preconizzato alcuni disastri che poi si sono avverati: il crac finanziario del 2008 era già nelle parole di Genova, l’aggravarsi delle crisi climatica perché di crisi climatiche si parlava già a Genova con molte testimonianze da paesi che già stavano sperimentando sulla propria pelle e anche il discorso sulle diseguaglianze.

E d’altra parte alcune delle proposte e delle visioni che nel 2001 erano proprie di quel movimento conservano una loro attualità: pensiamo all’idea dei BENI COMUNI come alternativa alla privatizzazione di tutto.

Pensiamo alla questione dell’ACCESSO DEI FARMACI che era uno dei temi importanti di Genova sia per l’attenzione che portava ai sud del mondo – c’era tutta l’esperienza delle Ong ma anche dei missionari – che nelle aree più povere del pianeta vedono gli effetti di un sistema che, come dire, ha mercificato anche la salute. Ha affidato la cura e le medicine al mercato, alle grandi aziende, alle multinazionali del farmaco.

C’era all’epoca la questione dell’AIDS, dei BREVETTI SUI FARMACI. 

Ci fu il famoso gesto di Nelson Mandela in Sud Africa.

(Nel 1997 nel suo Medicines Act, la legge permetteva al suo paese di produrre farmaci generici senza pagare brevetto o di importarli da paesi che li vendevano a prezzi più bassi.

Farmaci intesi come BENI COMUNI, ndr).

Una scelta che il movimento fece propria.

Oggi siamo in una situazione del genere con la questione della pandemia. con la gestione dei vaccini, con una risposta parziale a un tema che è globale.

Lo scenario è cambiato, gli interlocutori sono diversi, oggi il G8 non ha l’importanza simbolica che aveva allora. Oggi c’è un G20 che forse è l’equivalente del G8 di allora.

Lo scenario è cambiato.

Soprattutto la crisi climatica si è aggravata.

Il punto è questo capire quali sono i fili, vedere cosa c’è di vivo nella società. 

L’ipotesi è che i nuovi movimenti sappiano cogliere l’eredità migliore di Genova, oltre alla qualità delle analisi e delle proposte era anche quel miracolo che ci fu di tante esperienze dove ciascuno è impegnato in un proprio ambito, in maniera specializzata, competente, che però capirono tutte insieme di doversi unire per avere obiettivi politici più grandi.

Noi oggi abbiamo obiettivi politici addirittura enormi. Abbiamo sistemi politici, comprese le democrazie del tutto inadeguate ad affrontare questi problemi e quindi servirebbe un movimento globale nuovo capace di introdurre un punto di vista radicalmente diverso. 

Questo sarebbe il tempo delle scelte radicali, dei cambiamenti radicali. Non degli aggiustamenti.

Questo è il quadro ed è tutto da vedere se questo sia possibile.

IL PROGRAMMA

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Silvia Berruto è membro della rete TRANSCEND per la Pace, Sviluppo e Ambiente, giornalista contro il razzismo, antifascista, amica e persuasa della nonviolenza.

® Riproduzione riservata

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