(Italiano) Tribunale dei Popoli sulle Guerre Ucraine

ORIGINAL LANGUAGES, 9 May 2022

Richard Falk | Centro Studi Sereno Regis – TRANSCEND Media Service

Foto di David Peinado da Pexels

6 Maggio 2022 – È ormai tempo d’iniziative della società civile per opporsi al disastroso confronto globale che sta ora mettendo in pericolo il mondo, anzi prospettive di sopravvivenza di specie, perseguendo obiettivi politici degli Stati Uniti camuffati con una certa dose di complicità dei media che continuano a trasmettere l’impressione che la guerra in Ucraina concerna la difesa dell’Ucraina. Io credo che questa sia un’immagine sostanzialmente falsa e potenzialmente pericolosa, anche per l’Ucraina stessa e addirittura per il principale disseminatore di propaganda geopolitica ostile, il governo USA e il popolo nordamericano. Forse, non dovrebbe essere una sorpresa che solo gli estremi politici di destra e sinistra intendano la guerra in Ucraina come un disastro umano che sta già spandendosi attraverso i confini dell’Ucraina, con ben di peggio in arrivo pur non considerando i crescenti pericoli nucleari.

Alla luce di questa percezione, propongo l’istituzione di un tribunale della società civile secondo lo schema del Tribunale Russell che portò in primo piano opinioni indipendenti sulla guerra del Vietnam nel bel mezzo della guerra fredda nel 1966-67. Quest’esperienza ha ispirato molti notevoli sforzi analoghi, organizzati prevalentemente col patrocinio della Fondazione Basso di Roma. Una serie minuziosa di tali iniziative fu per vari aspetti appropriatamente la risposta all’aggressione USA all’Iraq nel 2003, culminante nell’importantissimo Tribunale di Guerra dell’Iraq del 2005.

Quell’azione legale, tenutasi abbastanza opportunamente ad Istanbul, comporta un attento esame nell’attuale atmosfera. Avvenimento autofinanziato orchestrato brillantemente da un gruppo di donne progressiste turche radunò giuristi eminenti e figure d’autorità morale fra cui Arundhati Roy che funse da presidente della giuria di coscienza convenuta in giudizio.

Ritengo che un tale tribunale dedito a emettere una sentenza sulle guerre d’Ucraina, costituito d’urgenza, sia più importante che qualunque altro precedente analogo perché le poste in gioco per l’umanità sono più alte. L’uso del plurale non è un refuso, ma riflette la mia opinione, già spiegata in articoli precedenti, che la crisi ucraina si capisce al meglio come tre guerre interrelate con caratteristiche contraddittorie:

  • Livello 1: Russia vs. Ucraina;
  • Livello 2: USA vs. Russia;
  • Livello 3: Ucraina occidentale vs. regione del Donbas.

In questo spirito propongo un tribunale denominato Tribunale dei Popoli sulle guerre ucraine.

Il caso per una tale iniziativa non è solo dare espressione a opinioni sulla crisi ucraina che prendono sul serio il diritto internazionale, il crimine geopolitico e i pericoli nucleari, ma anche in considerazione dell’incapacità politica dell’ONU di agire efficacemente e responsabilmente quando attori geopolitici si rendano gravemente invischiati in un tal violento conflitto che minaccia la pace mondiale in generale e causa massicce sofferenze per tutto il mondo, specialmente nei paesi meno sviluppati o in società dipendenti dall’importazione di sostanze alimentari di base ed energia per scorte affidabili a prezzi alla loro portata. Gran parte delle persone vulnerabili a una tale mega-crisi vivono in stati con poca o punta influenza nella formazione della politica globale. In considerazione di questo vuoto normative, credo fermamente che la società civile transnazionale abbia la responsabilità, e peraltro l’opportunità di cercare di riempirlo.

Chiarire lo sfondo

Primo, quando si tratti di tematiche di guerra/pace, esistono due serie operative di norme in quanto ai rapporti internazionali: (1) Diritto Internazionale, vincolante per tutti gli stati sovrani; (2) Geo-politica, che privilegia alcuni stati potenti. L’identità degli attori geopolitici non è chiaramente definita quanto quella degli stati sovrani, denotata dallo status di membro per 193 stati all’ONU, effettivamente tutti. Un criterio influente di guida per l’identità geopolitica è contenuto nello Statuto dell’ONU, sotto forma del diritto di veto conferito ai cinque membri permanenti del consiglio di Sicurezza (noti anche come i P-5) che si trovarono vincitori della 2^ guerra mondiale nonché i primi paesi ad acquisire armamenti nucleari.

Poiché la composizione dei P-5 è rimasta congelata per più di 77 anni, non è più descrittiva del paesaggio geopolitico, se mai lo sia stata, e per tale ragione l’identità geopolitica è più confusa e problematica che in passato. Qualche membro P-5 è declinato nel proprio potere, sia consistente che simbolico, dal 1945, come il Regno Unito e la Francia, e pare mancare delle capacità e della statura per qualificarsi ancora come attore geopolitico di primo rango. Invece, paesi come India, Giappone, Germania, Brasile, Nigeria, Indonesia, Sudafrica hanno aumentato le proprie capacità ed elevato la propria statura in modi tali da qualificarsi esistenzialmente come ‘attori geopolitici’ almeno regionali, e in alcuni casi globali.

Da un punto di vista normativo la distinzione fra diritto internazionale e geopolitica è fondamentale, e di nuovo è reso chiaro dall’importanza dello status di P-5 status entro la struttura dell’ONU designata a mantenere la pace dopo la 2^ guerra mondiale. Il diritto internazionale era applicabile a ogni stato, ma non obbligatorio per i P-5, che è ciò che ha reso l’ONU così limitata nella propria capacità di mantenere la speranza di un sistema di prevenzione bellica con supervisione globale. Dare agli stati occidentali un diritto di veto equivalse a riconoscere, come in secoli precedenti, che non ci si aspettava che l’ONU attuasse norme del proprio Statuto che collidessero con interessi strategici, bensì che il loro eventuale rispetto sarebbe dipeso da un auto-contenimento geopolitico o dalla forza contraria di attori geopolitici avversari.

Un tale schema ostruttivo esisteva quando la Russia era l’Unione Sovietica, e purtuttavia la sua partecipazione era considerata vitale se l’ONU doveva fruire di legittimità globale, e il veto era anche questione di protezione al paese contro l’eventuale tirannia di una maggioranza occidentale. Come mostratosi nei decenni, gli USA in particolare hanno usato il veto (per es. Per schermare Israele) o esitato l’ONU (come nella guerra del Vietnam e in quella NATO del Kosovo) quando ritenessero che il proprio piano proposto avrebbe subito un veto.

La lezione principale è che l’ONU è stata deliberatamente private di poteri dal tentativo di attuare l’ottemperanza allo statuto ONU in rapporto agli attori geopolitici, e la realtà esistenziale non è stata dissimile dalla struttura westfalica de e dall’esperienza con l’ordine mondiale a partire dalla metà del 17° secolo.

La regolamentazione delle Grandi Potenze, com’erano prima chiamate, dipendeva da una miscela di auto contenimento e da quel che divenne noto come ‘l’equilibrio del potere’, riconfezionato nell’era nucleare come ‘deterrenza’. Che viene sfidata da molti stati non-geopolitici, il più recentemente sotto forma del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN/TCNP), ma nella estenuante non-partecipazione di tutti gli stati nucleari e di quelli che puntano la propria sicurezza sugli ‘ombrelli nucleari’ forniti dagli attori geopolitici.

Una seconda serie di considerazioni si riferisce a quella che chiamo l’Eccezione di Norimberga, ossia la perdita d’impunità di un attore geopolitico se sconfitto in una guerra importante. Tale atteggiamento è evidente nel dipanarsi della Guerra a due livelli in Ucraina. Gli USA al loro Massimo livello di governo condannano l’attacco russo come crimine di guerra che dovrebbe indurre un rendiconto di Putin se la Corte Penale Internazionale agisce in adempimento del proprio mandato.

Il che si può considerare da un lato come una sorta di ‘il vincitore si prende tutto’ specifico dell’ordine geopolitico, o d’altro canto come una crassa ipocrisia col ricorso a questa distorsione della giustizia all’insegna della ‘Giustizia dei vincitori’. Sarebbe piuttosto diverso nella credibilità giurisprudenziale se gli USA avessero dimostrato post-Norimberga la propria disponibilità ad essere tenuti responsabili nell’àmbito del diritto penale internazionale o della versione codificata dei Principi di Norimberga, che non ammettono l’esistenza di un’Eccezione di Norimberga, nonostante la sua persistente realtà.

In terzo luogo, ciò che manca in questo recital delle realtà giurisprudenziali è la disponibilità di una sede capace di valutazione normativa del comportamento degli attori geopolitici, siano essi vincenti o perdenti in una guerra importante. È evidente che l’ONU manca del mandato costituzionale e dell’indipendenza politica per intraprendere una tale sfida senza un’integrale revisione della sua struttura d’autorità. Questo richiederebbe l’approvazione degli stessi attori il cui comportamento diverrebbe poi soggetto al diritto internazionale, e tali attori non mostrano alcuna propensione a muoversi in tale direzione. È per questa ragione che l’unico modo per chiudere il divario di responsabilità [giuridica] è basarsi sull’attivismo della società civile come fonte legittima di autorità normativa.

Un tale sforzo reattivo, usato in passato, è stato convocare un tribunale basato sull’autorità della gente comune come rappresentante della società per far valere il diritto internazionale in caso di suo mancato accoglimento da parte ONU o dei governi. Nell’àmbito della crisi ucraina a un tal tribunale potrebbe venire affidata un’indagine dei tre livelli della guerra dalla prospettiva del diritto internazionale, con l’aggiunta di una norma d’aspirazione che estenda la portata del tribunale al campo geopolitico.

Attualmente il diritto internazionale generato a livello intergovernativo manca di criminalizzare le malefatte geopolitiche; senza sorpresa, poiché per tutto il corso storico moderno gli attori geo-politici sono stati i principali architetti del diritto internazionale. Credo si sia reso desiderabile porre l’esistenza di una residua capacità legislative della società civile per certi versi analoga al ruolo di ripiego dell’Assemblea Generale ONU se vi sia un’impasse nel consiglio di Sicurezza relativa a una seria minaccia alla pace e sicurezza internazionale. Su questa base sono a favore dell’avallo da parte della società civile del concetto di ‘crimine geopolitico’ in modo da portare la guerra geo-politica USA/Russia nell’àmbito giurisdizionale del Tribunale delle Guerre Ucraine.

Ci sono due ovvie debolezze da riconoscere in questa linea di pensiero:

  1. Il Tribunale manca di qualsiasi capacità formale di applicazione, anche se potrebbe richiedere iniziative della società civile analoghe a quelle che furono efficaci nell’esercitare una pressione trasformativa sul regime di apartheid del Sudafrica;
  2. gli impulsi di attivisti che finanzino e rendano operative il Tribunale delle Guerre Ucraine sono essi stessi consapevolmente partigiani, per cui non sono differenti dalle istituzioni intergovernative.

Tale partigianeria sarà soggetta a critica dall’inizio alla fine, il che dà un certo senso che la natura di quest’impresa e delle sue strutture di fede si renderanno trasparenti col tempo.

È evidente che questa proposta è principalmente un’impresa la cui efficacia sarà in primo luogo registrata simbolicamente piuttosto che sostanzialmente, nel senso chenulla d’immediato cambierà a livello comportamentale nella prosecuzione e condotta delle tre guerre ucraine. [Però] non si dovrebbero sottovalutare gli effetti simbolici. Gli esiti politici delle guerre più salienti dopo il 1945, comprese le lotte epiche contro il colonialismo, risultarono controllate, sovente dopo molti anni di devastante guerreggiare, dal versante più debole se misurato secondo le capacità materiali, specialmente militari.

Ricordo di aver sentito il presidente nordamericano Lyndon Johnson, vantarsi a metà degli anni 1960 che non c’era modo che gli USA potessero perdere la guerra contro il Vietnam, ‘una potenza di decimo rango’. Le scene simboliche spostano gli equilibri di potere e col tempo addirittura gli interessi materiali. Le lotte contro la schiavitù, il razzismo, e il patriarcato manifestano ciascuna questa dinamica. Quel che a tutta prima pareva futile è diventato in qualche modo storia!

In conclusione, spero che qualche lettore per il mondo si sentirà motivato abbastanza da rendere il Tribunale dei Popoli sulle Guerre Ucraine una realtà!

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Richard Falk è membro della Rete TRANSCEND, studioso di relazioni internazionali, professore emerito di diritto internazionale alla Princeton University,autore, co-autore o redattore di 60 libri, e conferenziere e attivista in affair mondiali. Nel 2008, the United Nations Human Rights Council (UNHRC) ha nominato Falk per sei anni United Nations Special Rapporteur su “la situazione dei diritti umani nei territori Palestinesi occupati dal 1967”. Dal 2002 vive a Santa Barbara, California, e insegna al campus locale di Studi Globali e Internazionali dell’University of California, e dal 2005 presiede il consiglio d’amministrazione della Nuclear Age Peace Foundation. I suoi libri più recenti sono: On Nuclear Weapons, Denuclearization, Demilitarization, and Disarmament (2019); ed Public Intellectual-The Life of a Citizen Pilgrim (memoirs-autobiography) (Clarity Press) Feb 2021.

Original in English: Toward a Peoples Tribunal on the Ukraine WarsTRANSCEND Media Service

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

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