(Italiano) Iran: L’evoluzione dei simboli della protesta

ORIGINAL LANGUAGES, 24 Oct 2022

René Wadlow | Centro Studi Sereno Regis - TRANSCEND Media Service

Foto di Taymaz Valley da Flickr (CC BY 2.0)

14 ottobre 2022 – Il grido “Donne-Vita-Libertà” si è levato in molte parti dell’Iran.  Le proteste sono iniziate il 13 settembre 2022 all’annuncio della morte di Mahsa Anini, 22 anni, arrestata dalla “polizia della moralità” perché aveva una parte dei capelli oltre l’hijab (velo).  La ragazza era di etnia curda. Le proteste sono iniziate nelle aree curde, ma si sono presto diffuse a tutti i gruppi etnici e in molte parti del Paese.

Le donne sono state al centro della politica sociale del governo islamico. Già prima di salire al potere nel 1979, l’ayatollah Khomeini, dal suo esilio in Francia, aveva affermato che la troppo grande libertà delle donne era il principale ostacolo alle sue politiche.  Vennero rapidamente attuate politiche repressive nei confronti delle donne, con leggi sul velo obbligatorio.

Tuttavia, a differenza dei Talebani in Afghanistan, alle donne non è stato impedito di accedere all’istruzione superiore.  Si stima che circa il 65% degli studenti universitari siano donne.  Molte donne svolgono ruoli importanti all’interno della società, ma devono mantenere un profilo basso, vestirsi secondo il codice di abbigliamento ed essere sotto il controllo di un uomo, almeno quando sono visibili in pubblico.

Non è possibile sapere in anticipo quanto forti saranno le proteste.  In Iran si sono già verificate ondate di protesta che non hanno portato a grandi cambiamenti nella politica del governo. Alcuni osservatori ritengono che queste proteste abbiano uno spirito nuovo e che includano persone di più generazioni e classi sociali. Il governo è chiaramente preoccupato.  Il 3 ottobre, l’Ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema, ha giustificato la repressione attuata dalla polizia, dalla Guardia Rivoluzionaria e da altre forze paramilitari in un discorso all’Accademia Militare.  Ha detto che le manifestazioni sono opera degli Stati Uniti e di Israele.

I manifestanti sono stati uccisi, si stima che siano 200 e altri feriti.  Il numero di arresti è sconosciuto ma probabilmente elevato.  Ai giornalisti è stato impedito di riferire e i servizi internet sono stati interrotti o sono irregolari. Per questo motivo ci sono poche foto delle manifestazioni.

I primi simboli delle proteste hanno riguardato le restrizioni imposte alle donne.  Sono stati tolti gli hijab e alcuni sono stati bruciati pubblicamente.  Le forbici sono state usate per tagliare un segmento di capelli.  Gli uomini sono stati coinvolti nelle proteste fin dall’inizio, così come le persone di diverse generazioni.  Gli studenti delle scuole secondarie sono stati sempre più attivi.

Niha Shahkarami, una studentessa di 16 anni uccisa dalla polizia, è diventata il simbolo della lotta di questa giovane generazione.  Sempre più spesso, i temi simbolici delle proteste si stanno spostando dall’attenzione alle restrizioni imposte alle donne alla natura stessa del regime clericale.  Il neoeletto presidente conservatore Ebrahim Raissi viene messo in discussione.  L’ayatollah Khamenei è anziano e non sta bene.  Non c’è un ovvio sostituto in caso di sua morte.  La situazione in Iran merita di essere osservata da vicino.

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René Wadlow è membro della Task Force sul Medio Oriente della Fellowship of Reconciliation, presidente e rappresentante all’ONU (Ginevra) dell’Associazione dei Cittadini del Mondo, e caporedattore di Transnational Perspectives. È membro della Rete TRANSCEND per Pace Sviluppo Ambiente.

Traduzione di Enzo Gargano per il Centro Studi Sereno Regis

Original in English: Iran: The Evolving Symbols of Protest – TRANSCEND Media Service

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