(Italiano) Pensare il conflitto
ORIGINAL LANGUAGES, 20 Oct 2025
Johan Galtung | Centro Studi Sereno Regis – TRANSCEND Media Service
(Dal capo-redattore TMS: Ripubblichiamo questo editoriale, Pensare il conflitto, scritto dal defunto prof. Johan Galtung, originariamente postato sulla prima digest TMS il 21 aprile 2008, per la sua rilevanza. Col degenerare del mondo Occidentale in ulteriore barbarie, diventa sempre più evidente e inevitabile un necessario input dagli Studi sul Conflitto sul Genocidio di Gaza come caso specifico per TMS. Gli stessi politici che lo hanno macchinato, promosso e eseguito sognano un premio Nobel per la Pace come pagamento per una tregua – detta a proposito un ‘affare’; come da epoca ed etica mafiose. Questo genocidio viene trasmesso e guardato dai governi incivili, codardi e silenti del mondo intero.)
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– In un importante articolo sul principale quotidiano austriaco Der Standard (16-17 febbraio 2008), Hans Küng, famoso presidente della Fondazione World Ethos Foundation, fa appello a più che un “cambiamento” da parte di un nuovo presidente USA, richiedendo un cambiamento basilare guidato da un nuovo ethos. E Küng offre vari esempi di politiche sballate degli attuali governi USA e israeliano.
Non è difficile concordare. Ma deve anche avvenire qualcosa di ancor più essenziale che un nuovo ethos, come venire a patti con i conflitti in cui sono coinvolti gli USA. E più esattamente con lo stesso termine conflitto, quindi col come pensare al conflitto, ben prima che risolverlo.
Ovviamente, nessuno ha il monopolio sulla definizione di tale termine piuttosto chiave e quindi sul regolamentarne l’uso. Ma abbiamo tutti diritto a discuterne, perché proprio già il termine importa, eccome.
Ricordo da storie della ma infanzia sul selvaggio West e i pionieri bianchi che vi si avventuravano con tre pericoli in agguato: natura selvaggia, animali selvaggi, e “indiani ostili” selvaggi e feroci. Se ne legge nel Diario di John Winthrop, vero fondatore degli Stati Uniti, eletto 12 volte governatore della Colonia della Baia del Massachusetts: ostili erano proprio, e per di più “ci odiano”. Col che il conflitto si definisce come Atteggiamento, odio + Comportamento, ostilità; A + C. Cosa oggi convenientemente riassunta nell’essere anti-Americano, o peggio: terrorista.
Che cosa manca nel caso del colono antenato Winthrop? Come ai Padri Pellegrini, i 102 della nave Mayflower, puritani separatisti stabilitisi nei Paesi Bassi, che nel 1620–35 fondarono la Colonia di Plymouth? La C di contraddizione in un triangolo ACC raffigurante un conflitto; l’idea di una contraddizione fra proprietà e uso della terra. Molta terra e molta contraddizione. I coloni volevano possedere ciò che usavano gli ”Indiani” come proprio.
E quale termine usavano quando odio+ostilità volle dire violenza? Guai, frequente nel discorso anglo-americano sul conflitto. Guai erano il loro comportamento violento e l’odio, il che voleva dire che essi dovevano essere cambiati da una serie di misure, dalla loro uccisione e attrazione per corromperli, alla conversione in indiani amichevoli, addirittura affezionati.
Ci sono purtroppo profonde implicazioni derivanti da questa ingenuità, tutt’altro che valutare odio e atti ostili come non importanti. Ciò che resta fuori è la contraddizione, il pro et contra dicere, parlare per e contro, Sé e l’Altro e gli obiettivi che hanno [entrambi], che cosa vogliono, i loro valori e interessi: facile, per Sé e contro l’Altro; più difficile ascoltare qualcosa a favore altrui e contro di sé; e molto difficile se ci si considera solo Bene e l’Altro puro male. Come si procede dal facile al difficile? Col dicere, parlando, parlando con, altrimenti detto dialogo; così identificando il punto dolente, il contrasto, l’incompatibilità, o come altro si possa definire il problema.
Prendiamo l’Iran. I certificati d’odio e ostilità attribuitigli semplificano la faccenda, ecco quel che sono – già un lanciare sanzioni. Che pochissimi credono funzionare per far cedere l’avversario, farlo rinunciare all’arricchimento [dell’uranio, per eventuali capacità militari nucleari]. Ma si può credere a una diversa funzione: stigmatizzare, marcare l’Iran come un albero in foresta per l’abbattimento. Anziché affrontare il nodo problematico: rimpiangere quel che fecero USA-UK nel 1953 [rovesciando il legittimo governante Mossadegh – ndt].
Hamas
Prendiamo Hamas. L’attributo di “terrorista” rende il dialogo con esso una totale perdita di tempo essendo il suo solo obiettivo il male. Che è ovviamente solo la facciata; il vero problema nel parlargli è che potrebbe dire qualcosa che renderebbe il tema meno chiaro e netto, qualche luce che getterebbe qualche ombra sulla nostra posizione. Come ha travato [l’ex-presidente USA] Carter.
Siria
Prendiamo la Siria. Spiarli, designare un edificio [come bersaglio] e prendere due piccioni, Siria e Corea del Nord, con una fava: un bombardamento israeliano. Mettere assieme una narrazione scomodamente simile a quella di Colin Powell e mezz’ora di presentazione al Consiglio di Sicurezza ONU, non parlandone pubblicamente con gli interessati. Ma l’ambasciatore siriano nei media a dire che li si lasci fare: la loro narrazione imploderà da dentro. E allora li faremo esplodere da fuori. Un impianto nucleare solo soletto nel deserto, senza neppure il filo spinato, nessuna sicurezza? Forse la narrazione della Siria avrà la meglio su quella costruita per impedire di scambiare il disarmo nucleare nordcoreano con la normalizzazione (rapporti diplomatici – trattato di pace), e restituire le alture del Golan alla Siria come parco e zona economica libera?
Venezuela e Cuba
Prendiamo il Venezuela, prendiamo Cuba. Il Paraguay va a sinistra – qualcosa di essenziale è successo al paese devastato dai suoi vicini, istigati dal Regno Unito nel 1874 per il suo successo dovuto alla proprietà terriera e all’auto-affidamento collettivi. Un qualcosa che adesso si libra su tutta l’America Latina. Perché non dialogare con tutti loro?
Per mancanza di maturità.
Gli USA hanno un approccio immaturo, autistico, ai propri conflitti, da bambino viziato. Una leadership deve affrontare direttamente le radici dei conflitti – non i sintomi come l’odio e l’ostilità – ossia la contraddizione stessa, un problema in cerca di soluzione. Ed essere un bravo giocatore di squadra come sono sovente gli statunitensi, dove la squadra è il mondo.
Si tratta di vedere una contraddizione come pericolosa e però come una opportunità di creare qualcosa di nuovo. Come cooperazione con l’Iran nell’energia non da petrolio. Come cooperazione con Hamas a una soluzione a due stati. E come cooperazione con la Siria per una Comunità del Medio Oriente, cominciando dalle alture del Golan. Come un nuovo Emisfero Americano, una vera Unione Americana – con gli USA come partner fra uguali, come la Germania lo è diventata nell’Unione Europea.
Quanta sfida!* Quanta opportunità**. E quanta gioia, anche!!**
* Il Conflitto (secondo Galtung/Metodo TRANSCEND) può avere 4+1 esiti:
1 – vince X; 2– vince Y; 3 – punto morto/desistenza: non vince né X né Y; 4 – compromesso fra X e Y, (in)successi parziali; 5 – trascendimento delle rispettive posizioni con nuovo rapporto stabile/soddisfacente fra X e Y.
** Il triangolo riassuntivo CAC di Galtung dei tipi di Risoluzione del Conflitto e di Pace (elusiva, negativa, positiva)
Triangolo CAC diviso a metà orizzontalmente fra:
livello superiore, manifesto, agito/influenzato da C (Comportamenti: violenza, genocidio, attacchi insurrezionali, atti discriminatori)
e livello inferiore, sommerso, pensato, forse in suppurazione, influenzato da A (Atteggiamenti, supposizioni: razzismo, atteggiamenti discriminatori, sessismo, condizione di vittima, trauma) e C (Contraddizioni: diseguaglianza, dispute su territori/risorse)
Se il sommerso del conflitto non viene affrontato dai contendenti (X Y), la pace resterà elusiva: esiti 1, 2, 3.
Se il sommerso viene affrontato dai contendenti (X Y) riluttanti (+mediatori?), pace sarà negativa/precaria: esito 4.
E infine se il sommerso viene affrontato creativamente dai contendenti (X Y) (+mediatori), pace sarà positiva/stabile: esito 5
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Johan Galtung (24 ottobre 1930-17 febbraio 2024), era professore di studi sulla pace, Dr. hc mult, e è stato il fondatore della Rete TRANSCEND per la Pace, Sviluppo e Ambiente e rettore della TRANSCEND Peace University-TPU. Prof. Galtung ha pubblicato 1.670 articoli e capitoli di libri, più di 500 editoriali per TRANSCEND Media Service-TMS, e 170 libri su temi della pace e correlate, di cui 41 sono stati tradotti in 35 lingue, per un totale di 135 traduzioni di libri, tra cui 50 Years-100 Peace and Conflict Perspectives, ‘pubblicati dalla TRANSCEND University Press-TUP.
Original in English: Thinking Conflict – TRANSCEND Media Service
Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis
Go to Original – serenoregis.org
Tags: Conflict, Conflict Mediation, Conflict Prevention, Conflict Transformation, Conflict studies, Social conflict, Violent conflict
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