(Italiano) Detenuti dal Canada: un’esperienza sconcertante
ORIGINAL LANGUAGES, 8 Dec 2025
Hilal Elver & Richard Falk | Centro Studi Sereno Regis – TRANSCEND Media Service
Detenuti dal Canada: l’accusa di minacciare la sicurezza nazionale del Canada pareva così sproporzionatamente enorme a confronto con le nostre effettive capacità lungamente dimostrate.
– Appena poche settimane fa, il 23-26 ottobre a Istanbul, abbiamo completato la sessione finale del Tribunale del Popolo di Gaza, avvenimento molto riuscito grazie all’alta qualità delle testimonianze di esperti e testimoni, nonché alla riposta entusiastica del pubblico presente al Tribunale. Dopo quest’ottima esperienza ad Istanbul e un ritorno agli USA privo di alcunché degno di nota, non avremmo mai pensato che il governo canadese avrebbe posto in forse il nostro ingresso per presenziare a un altro Tribunale del Popolo più limitato due settimane dopo a Ottawa.
In risposta alla domanda sul perché fossimo in Canada, informammo l’interrogante dell’Agenzia di Sicurezza Confinaria Canadese (CBSA) di essere formalmente invitati a partecipare al Tribunale Palestinese sulla Responsabilità Canadese a Ottawa nel corso dei due giorni successivi, 14-15 novembre. Possibilità che però era evidentemente gravosa in mente alle autorità canadesi per l’immigrazione che all’inizio del primo periodo d’interrogatorio c’informarono dello scopo di questo stato di fermo:
“Abbiamo la responsabilità di determinare se costituiate una minaccia alla sicurezza nazionale canadese”
Ma ciò non spiega ‘perché il Canada considererebbe due professori con opinioni sì un po’ controverse sul conflitto Israele/Palestina come minacce alla sicurezza nazionale?’ Sarebbe ragionevole che il Canada considerasse noi due come individui marginalizzati che albergano desideri non più pericolosi del far sentire la propria voce affinché chi a Ottawa plasma la politica governativa ne tenga conto. È nostra profonda convinzione che il mondo diventi meno pericoloso e ingiusto quando si attui il diritto internazionale. Israele si comporta illegalmente a Gaza da decenni e nel modo più drammatico durante questi due anni abbondanti di genocidio.
A tutta prima eravamo entrambi divertiti e sorpresi da una tale impostazione da parte del governo canadese. Divertiti poiché l’accusa di minacciare la sicurezza nazionale del Canada pareva così sproporzionatamente enorme a confronto con le nostre effettive capacità lungamente dimostrate o per quel che vale le nostre intenzioni. Non c’è un’agenda nascosta. Siamo fieri di essere studiosi indipendenti che s’affidano a null’altro che la lingua a nostra disposizione per esigere giustizia per il vulnerabile popolo palestinese, a lungo reso vittima da una struttura d’apartheid profondamente radicata e dall’aggressione genocida a Gaza in una pretesa rappresaglia per l’attacco del 7 ottobre.
Venivamo a Ottawa per sostenere i nostri fratelli e sorelle canadesi nella loro decisione di programmare un Tribunale Palestinese sulla Responsabilità Canadese che illustrerebbe e rigetterebbe la complicità canadese con Israele mediante esportazioni di armi e sostegno diplomatico; e infine per rammentare al Canada il proprio obbligo di comportarsi all’altezza delle aspettative derivanti dalla Convenzione sul Genocidio che le parti [firmatarie] hanno doveri legali per cercare d’impedire e punire il genocidio, e certamente di non esserne facilitatori.
Era nostra Speranza che il Canada andasse oltre il proprio benvenuto sostegno condizionato alla statualità palestinese delle recenti settimane per rigettare sia l’impunità Israeliana sia un processo di pace che premia un governo impegnatosi nel genocidio punendo e umiliando vieppiù il popolo palestinese già malamente tartassato.
Eravamo determinati alle nostre testimonianze in Tribunale per diffondere questo messaggio dissenziente al Tribunale. Ci chiediamo tuttora come un tale esercizio del diritto di libera espressione in un paese democratico arrivasse ad essere considerato una minaccia alla sicurezza nazionale canadese (?!) Più correttamente compreso, tale patrocinio dovrebbe considerarsi come un allineamento della sicurezza nazionale canadese al diritto internazionale, considerandone l’interesse umano alla stabilità regionale e globale, nonché all’assetto pacifico.
Siamo emersi da questa esperienza di oltre quattr’ore all’aeroporto di Toronto alquanto sfiniti. Ci siamo ben presto resi conto che il nostro fermo comportava ben più che un protocollo di routine all’originario sportello per l’immigrazione quando il funzionario continuava a guardare il suo computer fino a dirci di aspettare mentre andava a consultarsi con personale più in alto di grado. Dopo molti minuti finalmente tornò con parecchie domande sulla logistica dell’evento di Ottawa: ne eravamo relatori, venivamo pagati per esserlo, le nostre spese di viaggio e albergo erano coperte. Ci pareva strano che non ci fosse chiesto nulla sulla conferenza, i suoi temi e la relazione con la sicurezza nazionale canadese.
Poi, l’agente interrogante indicò che doveva ancora controllare col proprio ‘capo’ se ci sarebbe (stato) permesso entrare in Canada. Col che noi avevamo perso il nostro volo di coincidenza per Ottawa e fummo trattenuti per altri 90 minuti finché l’agente tornò con una serie di domande un po’ differenti, tuttavia piuttosto peculiari in quanto molto astratte e generali. Mi rendevo conto di essere accusata/o in lungo e in largo di essere un(‘) antisemita? Avevamo collegamenti in qualche modo con Hamas? Avevo a che fare con la Euro-Med Human Rights Organization?
Fornimmo risposte franche e immediate e ci aspettavamo domande conseguenti miranti a sviluppare qualche utile ragionamento sul perché fossimo minacce alla sicurezza, ma non ce ne fu nessuna. Ancora una volta l’agente si allontanò per altri esasperanti 30 minuti o giù di lì prima di tornare a dirci che eravamo liberi di entrare in Canada ma senza darci alcun’altra spiegazione.
In conclusione, questa è stata un’esperienza sconcertante. Se c’era una seria preoccupazione di sicurezza, perché allora mancarono d’ispezionarci il bagaglio compresi dispositivi come smart-phone o laptop; o almeno farci domande tali che se risposte in certi modi fossero auto-incriminatorie? Le loro domande erano molto astratte e vaghe, non intese a cavare informazioni sul Tribunale né su preoccupazioni concrete relative alla sicurezza nazionale canadese. La più ragionevole interpretazione dell’incidente fu che trattenerci dal partecipare al Tribunale fosse integrale a una più ampia strategia di vessazione diretta ai critici del comportamento d’Israele in merito alla lotta palestinese per ottenere i diritti basilari.
Dopo il nostro lungo interrogatorio all’aeroporto, apprendemmo che il sito iniziale del Tribunale presso l’Università di Ottawa non era più disponibile a seguito di una decisione di cancellazione presa da funzionari amministrativi. Il senator canadese Yuen Pau Woo, egli stesso un critico dell’approccio del Canada alla tragedia palestinese, reagì alla cancellazione accettando di ospitare l’evento del Tribunale nell’edificio del Senato.
Forse la reazione contro-producente causata dal nostro fermo avrà l’effetto aldilà delle intenzioni di far agire con maggior appropriatezza la CBSA in futuro. Il che vorrebbe dire trattare minacce autentiche alla sicurezza e non usare indagini di ‘sicurezza’ come pretesto per molestare studiosi e altri che abbiano opinioni d’imputabilità alla responsabilità di genocidio d’Israele e quella derivata del Canada come complice.
Il Tribunale ha completato il proprio programma di due giorni, non abbiamo testimoniato come previsto, e l’evento ha focalizzato le sue energie sulle responsabilità specifiche del Canada anziché trattare le questioni soggiacenti del se il genocidio e i crimini contro l’umanità possano essere perseguiti in mancanza di una decisione della corte internazionale di Giustizia sulle imputazioni formali. Il nostro fermo è avvenuto in questa atmosfera, resa più confusa dall’adozione da parte [del Consiglio di Sicurezza] dell’ONU dell’impostazione USA per una soluzione a lungo termine su Gaza, che noi consideriamo come prosecuzione dei crimini originari con altri mezzi.
Tutti quanti gli sforzi intimidatorii della CBSA ci hanno insegnato che il movimento della società civile globale per difendere il popolo palestinese, fermare il genocidio e chiederne un rendiconto hanno un impatto importante sulla vita politica nazionale degli autori dei misfatti e dei governi complici. Che agiscono per silenziare le voci ostili. Tali tensioni stanno effettivamente cominciando a mostrare che le tattiche grossolane d’intimidazione non funzionano, e che noi, membri della società civile con coscienza globale, stiamo guadagnando pian piano ma di sicuro influenza sulla politica pubblica nazionale che viola il diritto e la moralità internazionali.
Dovrebbe essere ovvio che ci sia una scarsa prospettiva di autodeterminazione palestinese senza continuare nella sumud palestinese e con e iniziative di solidarietà di attivisti da tutto il mondo. Senza l’ottemperanza israeliana agli ordini giudiziari di ritirarsi dalla Palestina Occupata e di astenersi immediatamente da qualunque ulteriore interferenza nella provvista internazionale di aiuto umanitario, il genocidio continua.
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Hilal Elver era membro del Consiglio Accademico dei Paesi Meno Sviluppati ONU (2011–2021) e Relatrice Speciale per il Diritto Alimentare dal giugno 2014 al maggio 2020. È professoressa ricercatrice all’Università di California a Santa Barbara e Membro Globale al Centro universitario Resnick per Diritto e Politica Alimentare della Eminente Scuola di Diritto UCLA. La sua nomina a Relatrice Speciale fu criticata dai governi degli Stati Uniti e del Canada. Elver è autrice di tre libri fra cui: The Headscarf Controversy: Secularism and Freedom of Religion [La controversia della sciarpa in testa: secolarismo e libertà di religione] (2012) e Peaceful Uses of International Rivers: The Case of the Euphrates and Tigris River Basin [Usi pacifici dei fiumi internazionali: il caso del bacino fluviale delTigri e dell’Eufrate(2002). È sposata con Richard A. Falk.
Richard Falk è membro della Rete TRANSCEND, studioso di relazioni internazionali, professore emerito di diritto internazionale alla Princeton University,autore, co-autore o redattore di 60 libri, e conferenziere e attivista in affair mondiali. Nel 2008, the United Nations Human Rights Council (UNHRC) ha nominato Falk per sei anni United Nations Special Rapporteur su “la situazione dei diritti umani nei territori Palestinesi occupati dal 1967”. Dal 2002 vive a Santa Barbara, California, e insegna al campus locale di Studi Globali e Internazionali dell’University of California, e dal 2005 presiede il consiglio d’amministrazione della Nuclear Age Peace Foundation. I suoi libri più recenti sono: On Nuclear Weapons, Denuclearization, Demilitarization, and Disarmament (2019); ed Public Intellectual-The Life of a Citizen Pilgrim (memoirs-autobiography) (Clarity Press) Feb 2021.
Original in English: Detained by Canada: A Puzzling Experience – TRANSCEND Media Service
Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis
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