(Italian) Intervista a Manlio Milani, Presidente dell’Associazione Caduti Strage di Piazza Loggia

ORIGINAL LANGUAGES, 20 Sep 2010

Silvia Berruto – TRANSCEND Media Service

Salò, 21 giugno 2010

Ho incontrato Manlio Milani alla conclusione di una serata-ricordo in memoria del salodiano Vittorio  Zambarda su Piazza della Loggia svoltasi nella sala dei Provveditori del palazzo municipale di Salò.

SB_Manlio Milani  abbiamo parlato di storia, di storie, di storia e memoria. Fra storia e memoria individuale e collettiva che cosa vuol dire fare memoria e che cosa implica questo nel Suo testimoniare personale.

MM_Nel mio testimoniare personale significa da un lato evidentemente ricordare il fatti e quindi far riemergere le conseguenze di quella violenza sul piano personale.
Ma contemporaneamente e credo che questo, per certi aspetti, venga prima, significa rapportare quel fatto alla dimensione collettiva.
Perché quel fatto riguarda l’insieme della società non riguarda tanto me, colpito, ma riguarda me in quanto cittadino colpito più di altri cittadini.
In realtà la memoria è ciò che mi spinge a portare avanti questa memoria: questo ricordo di quel fatto è appunto far presente che esso riguarda tutti.
E allora la memoria deve essere una ricerca non tanto soggettiva quanto collettiva.

SB_ Una domanda che vuol essere un omaggio agli amici dell’ANPI Garda Valsabbia (organizzatori della serata, ndr).
Che cosa voleva dire essere ANTIFASCISTI nel 1943-1945, cosa voleva dire essere antifascisti nel 1974 e che cosa significa oggi essere antifascisti?

MM_Per me capire che cosa significa essere antifascisti nel 1943-1945: io ero molto piccolo, avevo 5 anni nel 1943,significa riportarmi alla lettura delle lettere dei condannati a morte
e capire che molti di quei giovani avevo colto l’essenza fondamentale e cioè che LA LIBERTA’ non riguarda tanto il soggetto singolo quanto riguarda l’insieme di tutti.
E per ESSERE LIBERO IO devo fare in modo di garantire la libertà a TUTTI.
E questo diritto può anche costare la vita.
Un impegno di natura totale ma per la LIBERTA’ DI TUTTI.
Negli anni Settanta credo che in una certa misura quella eredità sia stata l’elemento fondamentale. Con una sostanziale differenza.
NOI dovevamo difendere quell’eredità che ci era stata data … pagata, che è la Costituzione.
Quindi mentre loro partivano dalla necessità di conquistarsi delle regole noi dovevamo partire dalla necessità di difendere quelle regole, anche in nome del sacrificio di chi le aveva prodotte.
E quindi, partendo dal loro sacrificio realizzare quella loro idea
vivere liberamente. Ma vivere liberamente assumendosene sempre la responsabilità anche degli altri.
Questo era il compito che noi volevamo svolgere quella mattina in piazza della Loggia ed era l’idea di tramandare un’eredità che noi avevamo acquisito.

SB_Che cosa la indigna di più nei silenzi e nei sospesi della storia dei processi di piazza della Loggia?

MM_ Quello che mi indigna di più oggi è lo scoprire e nel vedere confermata una VERITA’ confermata una verità che conoscevo e cioè che certe STRAGI POTEVANO ESSERE EVITATE. E non fu fatto perché uomini dello Stato, in virtù di un progetto eversivo, e comunque condizionante la politica, avevano ritenuto che valesse più della vita delle persone.

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