(Italiano) Sguardi italiani su… l’Etiopia

ORIGINAL LANGUAGES, 23 Jan 2017

Elena Camino – Centro Studi Sereno Regis

Un po’ di storia

22 gennaio 2017 – La guerra d’Etiopia, nota anche come campagna d’Etiopia o guerra d’Abissinia, fu condotta dal Regno d’Italia contro l’Impero d’Etiopia a partire dal 3 ottobre 1935, e si concluse dopo sette mesi di combattimenti con l’invasione totale del territorio etiope e con l’assunzione della corona imperiale da parte di Vittorio Emanuele III. Benito Mussolini non esitò ad autorizzare il maresciallo Pietro Badoglio e il generale Rodolfo Graziani ad impiegare armi chimiche in questa campagna. Le ostilità si prolungarono con la crescente attività della guerriglia etiope e con le dure misure repressive attuate dall’Italia.

Con l’inizio della seconda guerra mondiale, nel 1941 l’esercito britannico con la collaborazione della resistenza etiopica liberò il territorio dopo 5 anni di occupazione, determinando il crollo del dominio italiano sull’Etiopia. Formalmente lo stato di guerra ebbe ufficialmente termine nel 1947, con la stipula del trattato di Parigi fra l’Italia e l’impero d’Etiopia, che comportò per l’Italia la perdita di tutte le sue colonie africane e la rinuncia a qualsiasi influenza e interesse sull’Etiopia. (https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_d’Etiopia)

Ottant’anni dopo… Una controversia in atto

Circa un mese fa (il 17 dicembre 2016) è passata quasi inosservata dai media la notizia di una importante inaugurazione: quella della prestigiosa Diga Gilgel Gibe III, una diga alta 243 metri collegata ad una centrale idroelettrica sul fiume Omo in Etiopia. È la più grande centrale idroelettrica dell’Africa, con una potenza in uscita di 1870MW. Essa raddoppia la precedente capacità installata in Etiopia di 814MW (nel 2007). La Diga Gibe III fa parte di una serie di dighe che includono le già esistenti Gibe I e Gibe II. Ad oggi sono in via di pianificazione la Diga Gibe IV (1472MW) e la Gibe V (560MW). (https://it.wikipedia.org/wiki/Diga_Gilgel_Gibe_III). Su questa diga si leggono informazioni in profondo contrasto tra loro.

Il punto di vista di Salini Impregilo Da un lato l’impresa costruttrice, la Salini Impregilo, presenta l’opera come la più importante diga nel Paese, la più grande al mondo del suo tipo, che quasi duplicherà la produzione elettrica del Paese dell’Africa orientale con l’obiettivo di modernizzare la sua economia, diventando un hub energetico regionale. L’impianto idroelettrico genererà fino a 6.500 Gwh annui, permettendo un incremento della produzione di energia nazionale di oltre l’80%.

Gibe III rappresenta il naturale completamento del più grande complesso integrato con i precedenti e distinti impianti idroelettrici di Gibe I e Gibe II. Insieme al progetto Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD) realizzata da Salini Impregilo, riflette l’ambizioso obiettivo del Paese di avere una capacità di produzione di 40mila MW entro il 2035.

I benefici dell’opera – sostengono i costruttori – sono stati evidenti anche durante la sua realizzazione, contribuendo enormemente allo sviluppo dell’economia locale. L’opera ha creato nel complesso lavoro per 20mila etiopici durante le varie fasi della costruzione, insieme a  professionisti provenienti da 32 paesi nel mondo. (http://www.salini-impregilo.com/it/sala-stampa/comunicati-stampa/etiopia-inaugurata-la-diga-gibe-iii-la-piu-alta-al-mondo-in-rcc-realizzata-da-salini-impregilo.htm)

La voce di Survival International. Secondo l’Associazione “Survival International” la diga Gibe III ha bloccato definitivamente le esondazioni naturali del fiume Omo in Etiopia, da cui 100.000 persone appartenenti alle comunità indigene locali dipendono direttamente, e altre 100.000 dipendono indirettamente. Secondo alcuni studiosi l’ostruzione del naturale fluire del fiume Omo potrebbe provocare il prosciugamento del Lago Turkana in Kenya –il più grande lago in area desertica del mondo – provocando conseguenze disastrose per le 300.000 persone che vivono sulle sue coste1. Sono già pronti dei progetti per costruire altre due dighe a valle: Gibe IV e Gibe V. Survival International ha presentato una protesta ufficiale contro la Salini Impregilo. (http://www.survivalinternational.org/news/11544). Il Direttore di Survival, Stephen Corry, ha affermato: “Che cosa si sta davvero inaugurando oggi? Fame che cresce, insicurezza, distruzione ambientale. Per anni gli esperti hanno messo in guardia il governo e la Salini, ma non sono stati ascoltati. E adesso cercheranno di presentare la carestia che arriverà come un evento naturale, mentre sono loro i responsabili di questa tragedia”.

Il governo Etiope e Salini hanno dichiarato che provocheranno delle esondazioni artificiali per sostituire quelle naturali, ma negli ultimi due anni non è stata rilasciata acqua a sufficienza per consentire la sopravvivenza alla gente. Molti ormai dipendono dai programmi di aiuto alimentare, che però non viene fornito con regolarità e non in quantità sufficiente. Un testimone ha dichiarato ai responsabili di International Rivers a novembre: “Il fiume non provvede più a noi, in nessun modo. Il livello del fiume continua a scendere. La mia gente deve affrontare un grosso problema, e l’aiuto esterno non basta per vivere”.

Da culla dell’umanità a teatro di tragedie dei migranti

La regione tra Etiopia e Kenya ospita uno dei più importanti siti di ritrovamento delle tracce dell’evoluzione umana. E’ anche un’area di eccezionale biodiversità, ed è sede di due siti del World Heritage e di cinque Parchi nazionali. In questi anni l’Etiopia ha accolto un gran numero di rifugiati: a novembre 2016 erano presenti circa 780.000 persone, dislocate in 25 campi profughi. (http://www.unhcr.org/afr/ethiopia).

E’ di pochi giorni fa (12 gennaio 2017) la notizia di un nuovo ‘corridoio umanitario’ per portare in sicurezza e legalità 500 migranti in Italia. E’ stato firmato al Viminale un protocollo d’intesa tra il governo, la Cei e la Comunitá di Sant’Egidio, che riguarda l’arrivo e l’accoglienza di 500 persone in difficoltà che si trovano nei campi profughi dell’Etiopia, per lo piú eritrei, somali e persone del Sud-Sudan. (http://www.onuitalia.com/2017/01/12/etiopia-al-via-nuovo-corridoio-umanitario-per-500-profughi/)

Il fondatore della Comunitá di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, ha commentato: “Questo accordo per nuovi corridoi umanitari, che siamo felici di realizzare con la Cei, risponde al desiderio di molti italiani di salvare vite umane dai viaggi della disperazione. Si tratta di un progetto che offre a chi fugge dalle guerre non solo la dovuta accoglienza ma anche un programma di integrazione. L’Europa, tentata dai muri come scorciatoia per risolvere i suoi problemi e troppe volte assente, guardi a questo modello di sinergia tra Stato e societá civile replicabile anche in altri Paesi”.

La violenza esplosiva delle armi e la violenza lenta dello ‘sviluppo’

E’ ammirevole questo modello di sinergia tra Stato e società civile, per cercare di portare sollievo dopo le drammatiche conseguenze delle guerre… ma perché non si guarda un po’ di più anche alle cause che stanno a monte? Oltre alle guerre ‘guerreggiate’ quante situazioni ci sono, in Africa, in Asia, in America Latina, nelle quali popolazioni locali – contadini, popolazioni indigene – vengono emarginate, espropriate, allontanate dai loro luoghi di vita, dalle loro fonti di sussistenza: private della loro autonomia e della loro dignità, costrette a sopravvivere della carità altrui. E spesso, alla fine, privati del loro ‘habitat’, sono costrette a migrare.

E’ giusto opporsi alla guerra, ed è giusto portare sollievo alle vittime. Ma lo Stato e la società civile potrebbero (dovrebbero?) anche sviluppare maggiore consapevolezza, e contribuire a promuovere azioni legali nei confronti dei responsabili di queste infinite, ripetute tragedie di ‘spossessamento’.

Due suggerimenti di lettura, per chi desidera approfondire:

Ilaria Boniburini. I nuovi dannati della Terra. Gli sfrattati dello “Sviluppo”. Informazioni e documenti dopo un convegno internazionale promosso da Barbara Spinelli (Milano, 25 settembre 2016), che ha rivelato come i migranti che approdano fortunosamente in Europa non siano che la punta di un immenso iceberg, costituito da milioni di persone sfrattate dalle loro case e terre, cacciate dal perverso “sviluppo “praticato dal resto del globo. (http://www.eddyburg.it/2016/10/infornazioni-documenti-argomenti-ed.html)

Salvatore Altiero. Lago Turkana e Valle dell’Omo: dalle dighe made in italy alle barriere dell’Europa, lo sviluppo che genera migrazioni. (http://asud.net/wp-content/uploads/2016/07/Crisi-ambientali-e-migrazioni-forzate-def.pdf).

A pag. 153 l’Autore scrive: “Al confine tra Kenia ed Etiopia, è in corso da anni l’implementazione di un sistema di dighe per la produzione di energia elettrica e l’alimentazione di sistemi di irrigazione per lo sviluppo di coltivazioni industriali di cotone e zucchero. Il tutto è frutto delle politiche di sviluppo e delle scelte energetiche messe in campo dal governo etiope con il sostegno di organizzazioni internazionali e il finanziamento di banche di investimento. Questo progetto sviluppato in Etiopia, impatta sul bacino del fiume Omo ma ha conseguenze gravissime per la sopravvivenza del lago Turkana che subisce le conseguenze del mancato apporto d’acqua. Il ruolo della cooperazione è stato negli anni quello di finanziare l’intero progetto mentre le dighe sono state date in appalto diretto ad un’azienda italiana, la Salini. Sia la costruzione delle dighe che la sottrazione di terreni alle comunità indigene e il loro spostamento per far posto alle coltivazioni di zucchero e cotone ha dato luogo a migrazioni e processi di “villaggizzazione forzata”.

NOTA:

1 Il Turkana, un’oasi di biodiversità nel mezzo del deserto, è fonte di vita per 300.000 individui e per una ricca fauna. Il suo fragile ecosistema potrebbe subire un forte stress e giungere al collasso, con gravi ripercussioni su centinaia di migliaia di pescatori e di pastori. http://assets.survival-international.org/documents/75/IRiversReport_Gibe3_IT.pdf

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Elena Camino è membro della rete TRANSCEND per la Pace, Sviluppo e Ambiente e Gruppo ASSEFA Torino.

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