(Italiano) Baloccarsi mentre Roma brucia: mentre USA e Cina si preparano alla guerra, i soloni USA esitano

ORIGINAL LANGUAGES, 6 Dec 2021

Richard E. Rubenstein - TRANSCEND Media Service

4 Dicembre 2021 – Stati Uniti e Cina sono avviati alla guerra? Ambo i versanti e loro alleati stanno armandosi a più non posso e facendo gesti sempre più aggressivi con prospettiva di un eventuale confronto militare in Asia. Che il risultato di questo conflitto in intensificazione sia imprevedibile offre poco sollievo agli interessati alla pace. L’attuale situazione presenta la minaccia più pericolosa di pesante confronto fra massime potenze dalla fine della guerra fredda.

Ci si potrebbe aspettare che un tale pericolo provochi una forte reazione di nordamericani interessati alla pace, ma quelle di liberal, libertari e progressisti sono finora smorzate, per lo meno. Essendosi attorniato di amministratori neoimperialisti e alti papaveri militari, Joe Biden ha mantenuto o intensificato le politiche e la retorica anticinesi di Donald Trump (che peraltro non si era spinto a impegnarsi per l’indipendenza di Taiwan!). Personaggi più orientati alla pace come Bernie Sanders hanno fatto appello a una “cooperazione” con la Cina, ma pur sempre come battuta finale piuttosto fiacca di una dichiarazione di denuncia dell’autoritarismo, delle pratiche commerciali disoneste, del maltrattamento delle minoranze, degli investimenti globali troppo ambiziosi e dell’avventurismo militare cinesi. I conservatori, ovviamente, asseriscono pari pari che con la leadership del presidente Xi Jinping, la Cina mira a niente meno che alla dominazione mondiale.

La risposta liberal all’attuale situazione è riassunta al meglio da autori come David Sanger del New York Times, che riferisce che alti funzionari di Biden non vogliono parlare di una nuova Guerra Fredda con la Cina perché potrebbe equivalere a una “profezia auto-realizzantesi”. Sanger descrive caratteristiche che dovrebbero distinguere l’attuale conflitto dall’antica competizione con il blocco sovietico, come il grosso volume di scambi commerciali USA-Cina. Ma, aggiunge, molti a Washington considerano la Cina un avversario più pericoloso che la Russia e credono “stia evolvendo” una nuova forma di lotta fra Grandi Potenze – una nuova Guerra Fredda con un forte potenziale di farsi calda.

Nei fatti, l’attuale immagine della Cina negli USA combina le caratteristiche di “impero del male” della vecchia immagine sovietica con una nuova dimensione: del concorrente economico malvagiamente disonesto.

“A Washingtondice Sanger “uno deri pochi temi che superano gli spartiacque di partito al Congress è lo spettro di concorrenza cinese in aree cruciali come i semiconduttori, l’intelligenza artificiale e gli elaboratori a funzionamento quantico. Ecco come il “disegno di legge Cina” è passato in Senato con un solido voto di ambo i partiti”.

Non pare aver colpito questi plasmatori d’immagine bipartitici che l’aumentata interdipendenza economica, anziché essere un ostacolo alla guerra possa diventare causa di un violento conflitto in un sistema mondiale dominato da potenze capitaliste competitive (USA e Germania fecero un’enormità di affari insieme prima della salita al potere di Hitler, e importanti imprese dei due paesi addirittura collaborarono nei primi anni dell’era Hitler).

I soloni liberal negli USA sono perciò a favore della cooperazione con la Cina su temi scelti (per es., cambiamento climatico, armi nucleari nord-coreane) pur intanto agendo per “contenere” o superare l’influenza cinese sui fronti politico, economico, e militare. Si può quasi simpatizzare con commentator più conservatori che denigrano l’incoerenza di queste prescrizioni e richiedono che si affrontino “fatti” come l’inevitabilità di lotte potenzialmente violente fra Grandi Potenze che sono egemoniche nelle proprie regioni e cercano di proiettare globalmente tale potere.

Il decano di questi soloni, il teorico neorealista John Mearsheimer, ha scritto un manifesto intitolato The Inevitable Rivalry: America, China, and the Tragedy of Great Power Politics [La rivalità inevitabile: America, Cina, e la tragedia della politica delle Grandi Potenze], probabilmente destinato a diventare uno dei documenti più influenti dell’era attuale.

Secondo Mearsheimer, le rivalità fra potenze egemonicche come Cina e USA sono inevitabili perché, beh, perché è così che si comportano le Grandi Potenze. Poiché i vincitori di tali gare sono le nazioni con le maggiori popolazioni e le economie più avanzate, gli Stati Uniti hanno fatto un grosso errore ad accogliere la Cina nell’Organizzazione mondiale del Commercio decenni fa e trattare Pechino per certi aspetti come un proprio pari degno di rispetto. Storditi dalla fede liberal che una Cina più prosperosa sarebbe diventata uno stato più democratico ed amichevole, i nord-americani hanno rafforzato il proprio concorrente n° 1 e adesso devono trattare con la Cina meno democratica, meno amichevole, molto più produttiva e auto-assertiva del presidente Xi Jinping.

Ciò non significa che la guerra globale sia inevitabile, dice Mearsheimer, benché pensi che “guerre calde” più limitate fra USA e Cina siano ben più probabili di quanto lo fossero fra USA e URSS. Vuol dire però che USA e alleati devono armarsi fino ai denti e prepararsi ad usare le proprie armi per scoraggiare un’aggressione cinese ove possibile, o a reagirvi qualora deterrenza e “contenimento” falliscano. Il guri neorealista non esclude del tutto la cooperazione; in tal modo la sua ricetta assomiglia a quella dei liberal. Ma anticipa un’era di rapporti USA-Cina basati soprattutto su minacce di forza se non l’uso diretto di avanzato.

Sotto parecchi aspetti qyesta tesi cattura perfettamente la qualità non-realistica, anzi illusoria, di molto pensiero “Realistico”. Se gli USA non avessero permesso alla Cina di partecipare su una base più o meno uguale al commercio mondiale – se avessero tentato di trattenere la Cina dal prosperare, come Mearsheimer suggerisce che avrebbero dovuto – quali sarebbero stati i risultati? Non-realisti come Johan Galtung, John Burton, e altri consci dell’importanza dei bisogni umani basilari hanno una risposta convincente: Pechino avrebbe quasi di certo sostenuto movimenti violenti per sabotare il sistema elitista che escludeva i propri prodotti e impoveriva la propria gente. Qualcuno riesce a pensare che questa sarebbe stata una miglioria?

Ma il cuore dell’argomentazione neo-realista – un principio silenziosamente accettato da gran parte dei Democratici nonché dei Repubblicani – è che un armamento aumentato e una volontà dimostrata di usare la forza servirebbero da efficace mezzo di deterrenza dell’avversario cinese. Questa fede nella deterrenza militare si basa su una presunta analogia fra l’attuale situazione e la prima Guerra Fredda. Se la dottrina e la prassi della Distruzione Reciprocamente Assicurata (MAD) contribuirono ad evitare una Terza Guerra Mondiale dagli anni 1950 fino alla caduta dell’URSS, avrebbe sicuramente una buona probabilità di ottenere lo stesso risultato nel caso di una guerra USA-Cina. Come dice Mearsheimer, “i decisori USA devono costantemente rammentare a sé stessi — e ai dirigenti cinesi — la sempre presente di escalation nucleare in tempo di guerra. Le armi nucleari sono, dopo tutto, il deterrente definitivo.”

A questo punto quasi tutti i liberal e progressisti USA si fanno silenziosi. Molti di loro concordano che la MAD prevenne sia i sovietici sia i nord-americani dall’iniziare una guerra nucleare, anche se chiaramente non evitò distruttive guerre per procura come in Corea, Indocina, Afghanistan, Medio Oriente. Allora, secondo l’argomentazione, se la deterrenza nucleare funzionò nell’evitare la guerra totale ai tempi di Khrushov, Brezhnev e Gorbachov, perché non al tempo di Xi Jinping?

Questa è una domanda che val la pena trattare estesamnete, sebbene qui io possa offrire solo qualche breve commento.

Primo: ormai siamo entrati in un’era di armamento ad alta tecnologia in cui sono entrate in servizio armi convenzionali potenti come armi nucleari minori, e le armi nucleari sono state modernizzate per permettere l’uso di armi a bassa resa in ambienti bellici limitati. Questi sviluppi pongono chiaramente il rischio di escalation a testate ad alta resa e tendono ad annullare la barriera fra armi convenzionali e nucleari.

Secondo, dato che la deterrenza nucleare non ha evitato le guerre per procura che hanno ucciso milioni di persone nel secolo scorso, che cosa si può dire del rischio di fare guerre in Asia con il coinvolgimento di nazioni popolose e ben armate come le due Coree, l’India e il Pakistan, per non citare l’Indonesia, le Filippine e il Vietnam? Con l’intensificarsi del conflitto e il continuo armarsi e schierarsi delle nazioni asiatiche, i rischi di un confronto disastroso col potenziale di diventare globale crescono del pari.

Terzo, non capiamo appieno le dinamiche della deterrenza nella Guerra Fredda originaria. Il rifiuto di USA e URSS d’impegnarsi reciprocamente come combattenti diretti risultò da calcoli fatti dai leader seguendo i princìpi strategici enunciati da teorici come Herman Kahn and Henry Kissinger e le loro controparti sovietiche, o fu un prodotto di circostanze storiche uniche e d’insolita fortuna? I bombardieri ad armamento nucleare dello Strategic Air Command USA furono allertati al Massimo livello in varie occasioni durante la guerra fredda, e se si fossero prese le decisioni sbagliate, sarebbe potuto benissimo avvenire un attacco nucleare. Inoltre, nessuna delle guerre calde del periodo costrinse una potenza con armi nucleari a confrontarsi con la prospettiva di perdere l’ indipendenza nazionale o patire qualche altra perdita intollerabile. Se gli Stati Uniti avessero considerato intollerabile uno stallo in Corea o una sconfitta in Vietnam, o se l’URSS fosse stata determinate a mantenere i suoi missile a Cuba o le sue truppe in Afghanistan, i calcolo razionali del rischio avrebbero ben potuto cedere a una mentalità “sopravvivere o morire”, e l’uso di armi nucleari avrebbe potuto essere considerato un’inevitabile ultima risorsa.

Nucleare o meno, la possibilità di una guerra incredibilmente sanguinosa in Asia non può essere messa da parte affidandosi al potere deterrente. In ogni caso, la deterrenza come faccenda di calcolo strategico non è quel che soggiace alla disponibilità di liberal e conservatori di perseguire politiche militari aggressive verso la Cina. Una campagna di propaganda comprensiva di fonti informative estese dal New York Times all’American Conservative e dalla CNN a Fox Cable News promuove l’idea che la Cina sia un avversario autoritario, aggressivo, e una minaccia alla sicurezza USA che deve cedere prima o poi a una forza militare superiore.

Coloro che negli USA battono i tamburi di preparazione alla guerra sono mossi da preoccupazioni di cui possono essere inconsapevoli, come timori che il proprio tessuto sociale stia disintegrandosi, che il dominio bianco a livello globale come negli USA sia obsolescente e che il ruolo della propria nazione da egemone globale (o “leader”, come direbbero) sia alla fine. Il compito principale dei difensori USA della pace è oggi aiutare i/le loro compatrioti/e a capire che prepararsi a una guerra con la Cina non calmerà alcuna di queste paure né risolverà alcuno dei problemi che affliggono la propria società. Quei problemi possono essere risolti solo confrontando le élite che monopolizzano ricchezza, potere e status sociale in patria.

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Richard E. Rubenstein è membro della Rete TRANSCEND per Pace Sviluppo Ambiente e professore di risoluzione dei conflitti e di affari pubblici al Centro per Pace e Risoluzione dei conflitti Jimmy & Rosalyn Carter della George Mason University. Laureato al Harvard College, alla Oxford University (Studioso di Rhodes), e alla Scuola di Diritto di Harvard, Rubenstein è autore di nove libri sull’analisi e risoluzione di conflitti sociali violenti. Il suo libro più recente è Resolving Structural Conflicts: How Violent Systems Can Be Transformed (Routledge, 2017). Il suo libro in fieri la cui edizione è attesa nell’autunno 2021, è Post-Corona Conflicts: New Sources of Struggle and Opportunities for Peace.

Original in English: Fiddling as Rome Burns: While the U.S. and China Prepare for War, USA Pundits Dither – TRANSCEND Media Service

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

Go to Original – serenoregis.org


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